CAGLIARI. È la Sardegna la regione italiana che ha sollevato maggiori dubbi sulla eventuale scelta nell'Isola del sito per la realizzazione del Deposito nazionale delle scorie nucleari. Stando alle tabelle realizzate dalla Sogin, la società che si occupa della gestione delle scorie radioattive e delle centrali nucleari italiane dismesse, sono state inviate osservazioni da 122 soggetti, istituzionali e no: 112 sono enti locali, 6 associazioni/comitati/ordini, 4 privati cittadini. Un numero che costituisce il 38% dei documenti inviati da tutto il territorio nazionale. O, meglio, dalle regioni che hanno spazi contemplati dalla Carta dei siti potenzialmente idonei a ospitare la pattumiera nucleare italiana.
Il dato è emerso questa mattina durante la sessione sarda del ciclo di seminari che Sogin ha organizzato per ascoltare le istanze dei territori che non accettano di essere inseriti nella lista dei potenziali luoghi considerati adatti a ospitare l'infrastruttura da un miliardo di euro, circa, nella quale verranno stoccati i rifiuti radioattivi passati e futuri prodotti in Italia.
Bassa antropizzazione e scarsa o nulla sismicità sono considerati punti a favore per alcuni siti dell'isola, individuati tra Cagliari e l'Oristanese. Dall'altra parte c'è il mare: un ostacolo per il trasporto in sicurezza di materiali ad alta pericolosità.
E numerose criticità sono state sollevate, tra gli altri, dal rappresentante della Regione Gianluca Atzori, dal presidente dell'Anci Emiliano Deiana, da sindaci, dagli indipendentisti rappresentati da Bustianu Cumpostu e dai medici dell'Isde rappresentati da Alessandro Arru.
I rappresentanti di Sogin hanno sottolineato che numerose sono state le prese di posizione, legate alla presenza di servitù militari e non solo, finalizzate a dire che la Sardegna ha già dato, in termini ambientali. La risposta? Il deposito nazionale delle scorie non sarebbe un'ulteriore servitù ambientale. Ma è stata rinviata ad altra sede la spiegazione dell'affermazione.