Foto: una vettura "driverless" della Waymo
Un recente articolo sul sito della rivista FORBES analizza in modo dettagliato il motivo per cui le azioni della nota casa produttrice delle vetture elettriche statunitensi Tesla, con le loro attuali quotazioni in borsa nel listino del NASDAQ a cifre inferiori agli 800 dollari, rappresentano un interessante target di acquisizione per un colosso dell’informatica come Google. Lo scenario ipotizzato, in caso di acquisizione, potrebbe infatti vedere Tesla crescere di oltre 11 volte rispetto all'attuale capitalizzazione di mercato. In questo modo il valore della società passerebbe dagli attuali 135 miliardi di dollari alla stratosferica cifra di 1,5 trilioni di dollari.
Quanto c’è di vero in voci di questo tipo? Seppure quei “trilioni” di dollari di cui si parla non siano gli stratosferici valori matematici (un trilione in matematica è un numero naturale pari a un miliardo di miliardi mentre, con lo stesso termine, nell’accezione “monetaria” statunitense si indica la cifra ben inferiore di mille miliardi di dollari ) stiamo comunque sempre parlando di cifre che, almeno a noi comuni mortali, ricordano da vicino i mitici “fantastiliardi” di Paperon de Paperoni. E quale potrebbe essere l’interesse di una multinazionale come Google ad accaparrarsi la Tesla per lanciarsi improvvisamente in quello che sembra essere il difficile mercato, ricco di incognite, della mobilità elettrica? In apparenza è mercato molto diverso e molto lontano da Google che è, non dimentichiamolo, una multinazionale informatica che ha fatto la propria fortuna grazie allo sviluppo di software per il “Cloud-Computing” e attraverso la Net Economy.
In realtà però, questi due mercati appaiono invece sempre più convergenti. Ed è per questo motivo che le mire di Google riguardanti il possesso della Tesla hanno origini lontane nel tempo. Nel libro “Elon Musk: Tesla, Spacex and the quest for a fantastic future” (best-seller da quasi 2 milioni di copie scritto nel 2015 dal giornalista Ashlee Vance) si narra di come Elon Musk, proprietario di Tesla, rinunciò, nel 2013, ad una offerta di ben 11 miliardi di dollari (sei miliardi in denaro e cinque miliardi in investimenti negli impianti di produzione e sviluppo) fattagli dal suo amico e amministratore delegato di Google, Larry Page.
Un’offerta che inizialmente Musk sembrò ben propenso ad accettare in quanto in quel periodo non aveva idea della riuscita in quel nuovo mercato e la sua azienda Tesla si trovava in cattive acque. Ma non appena le vendite della prima “model X” cominciarono a schizzare verso l’alto si ritirò da quell'accordo che forse avrebbe fatto bene a entrambi. Perché da una parte Google si sarebbe portato in casa, con largo anticipo, la tecnologia e l'esperienza di Tesla e le avrebbe potute usare per meglio realizzare i propri veicoli a guida autonoma. Mentre Tesla avrebbe avuto accesso non solo alle tecnologie software ma anche ad una liquidità di molti miliardi di dollari.
Quindi Google aveva, fin da allora, sia l'interesse che il denaro per farlo. Di denaro ne ha ancora di più oggi, con una forza finanziaria che la mette in grado di intraprendere ad occhi chiusi un'acquisizione di queste dimensioni grazie ad una capitalizzazione di mercato di oltre 1 trilione di dollari, con 120 miliardi di riserve di liquidità e flussi di cassa di oltre 20 miliardi all'anno, come riportato da questa dettagliata analisi finanziaria.
E, dal punto di vista dell'interessa, Google si trova oggi ancora più motivata ad accedere ai modernissimi sistemi software di Full Self-Driving (FSD) di Tesla che, a detta di molti analisti, rappresenteranno una parte considerevole delle entrate dell'azienda nei prossimi anni.
Google rappresenta infatti uno dei principali competitor nel mondo di servizi “automotive “ del prossimo futuro. Attraverso la propria holding finanziaria Alphabet è infatti anche uno dei maggiori azionisti di Uber, noto e diffuso sistema che, attraverso una semplice applicazione mobile, ha creato in breve tempo una vastissima rete di utenti, conducenti e veicoli in grado di soddisfare le richieste di un nuovo mercato di trasporto privato con mobilità on-demand e low-cost, praticamente ovunque nel mondo.
Non dovrebbe dunque stupirci molto che Google abbia anche annunciato nel 2019, attraverso la Waymo (azienda di recente creazione controllata anche essa dalla stessa holding Alphabet) come utilizzando hardware di propria creazione sia ormai in grado di gestire sistemi per la guida di auto senza pilota che sono installabili anche su normali vetture. Ha fatto abbastanza scalpore lo scorso anno la notizia che la Waymo ha inviato una comunicazione ufficiale (pubblicata da un utente su Reddit) alle persone che stavano testando il suo servizio di taxi driverless a Chandler, in Arizona, per informarle che potrebbero essere le uniche persone a bordo dell’autovettura monovolume della FCA (una Chrysler Pacifica) che proprio grazie all’hardware di Waymo riesce a muoversi in mezzo al traffico senza nessun conducente.
Video: il video che pubblicizza il sistema Taxi Driverless della WAYMO
Unendo le cose appare molto chiaro quanto l’insieme di tutti questi elementi e tecnologie all’avanguardia, con un fortissimo tasso di innovazione, che interessano Google e sono da sempre presenti sulle vetture Tesla (caratteristiche peraltro comuni a molti altri prodotti delle aziende di Elon Musk di cui abbiamo avuto modo di parlare anche in altri articoli precedenti su YouTG.net) sembrano essere un perfetto anello di congiunzione tra queste due aziende.
E’ certo che su queste autovetture di nuova generazione i sistemi meccanici stanno perdendo via via importanza in quanto una parte sempre più preponderante dell’impegno di progettazione e di produzione è ormai rivolta verso la creazione di processi software e sistemi elettronici in grado di controllare componentistica sempre più evoluta.
Video: il video dimostrativo del sistema operativo Tesla 10.0
Forse non tutti sanno ad esempio che ogni Tesla ha un proprio “sistema operativo” (ormai giunto alla versione 10.0) con molte applicazioni software dedicate non solo alla navigazione, al monitoraggio di bordo o all’entertainment ma anche in grado di controllare praticamente ogni elemento della macchina. Fino ad arrivare all’incremento di potenza e all’aumento delle prestazioni grazie a semplici modifiche dei parametri dei “driver” legati a componenti e sistemi elettronici che governano i motori elettrici o le batterie.
Le Tesla quindi, a differenza delle vetture basate su motori tradizionali ma anche di molte vetture a trazione ibrida, essendo a trazione elettrica integrale hanno sistemi di controllo elettronico che rivestono capillare importanza in quanto sono in grado di modificare in modo elastico ed esclusivo i comportamenti e le prestazioni dell’intera vettura.
Una moderna vettura elettrica di questo tipo è praticamente assimilabile ad un computer su ruote. Un computer in movimento che non solo è permanentemente connesso alla rete, in grado di auto-aggiornarsi attraverso la rete internet grazie al download di nuove release di software rilasciate dalla casa produttrice, ma è oggi anche in grado di muoversi o guidarsi completamente da solo, grazie ai sistemi software che lo controllano. I “Tesla-Owner” si comportano quindi in un modo del tutto simile a qualsiasi moderno utente di computer che decida di aggiornare il sistema operativo, i software o le proprie periferiche hardware. Un piccolo esempio, per chi volesse approfondire, è dato dalle note di aggiornamento diffuse sul sito ufficiale per la release 10.0 di cui abbiamo parlato.
Vetture con tecnologie di questo tipo si possono quindi muovere anche senza l’intervento di nessun conducente grazie alla “guida autonoma di livello 4”. Una guida autonoma che, secondo la SAE (Society of Automotive Engineers) ovvero l’Ente internazionale che definisce gli standard dell’industria aerospaziale e automobilistica, prevede la gestione autonoma di accelerazione, frenata, direzione e controllo traffico. A questo livello, il massimo raggiunto oggi dei sei livelli teorici del SAE, è quindi l’intelligenza artificiale del software presente nell’automobile a gestire e prendere decisioni in base alle tipiche situazioni dovute al traffico o alla percorrenza di strade urbane o extraurbane.
Con il livello 4 di guida autonoma, a differenza dei livelli superiori 5 e 6 del SAE che non prevedono nessun intervento umano, il veicolo è in grado di guidarsi in completa autonomia ma è ancora possibile per il guidatore riprendere il pieno e totale controllo dell'auto in situazioni particolari.
Va anche precisato come la “guida autonoma di livello 4” in Italia non sia ammessa dal codice della strada, quindi il software presente sulle autovetture che ne sono provviste viene forzatamente “limitato” verso i livelli inferiori di semplice “guida assistita”. Ma in molti altri paesi, come gli States, il livello 4 è consentito e questo permette, ad esempio, ad un conducente di poter inviare o richiamare la propria vettura da un parcheggio senza essere a bordo, semplicemente pilotandola da remoto attraverso un comando vocale o un’applicazione sul proprio cellulare.