ROMA. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è intervenuto a Roma, durante un importante Convegno al Tempio di Adriano organizzato dalla Camera di Commercio, per presentare il piano nazionale di innovazione, insieme alla ministra Pisano, e durante il suo breve discorso ha posto in modo forte l'accento sul concetto importante di "identità digitale"che dovrà diventare il fulcro dell'azione nazionale di innovazione.
Il Piano e l'Agenda di Innovazione del governo ipotizzano una rivoluzione digitale che dovrà essere tecnologica e anche culturale, in grado di portare capillarmente i sistemi di pagamento elettronico nelle mani di tutti i cittadini, digitalizzando totalmente i processi della pubblica amministrazione e riducendo la burocrazia.
La maggior parte di tali buoni propositi sembra però essere molto simile a quanto annunciato a più riprese, attraverso i diversi governi e ministeri, da quasi venti anni. Basti pensare che il primo documento strategico che parla di identità digitale è il Primo Piano di eGovernment nazionale che risale al 23 giugno 2000, approvato con un DPCM il 25 gennaio 2001, con uno stanziamento di oltre 1.335 miliardi di vecchie lire che venne poi ridotto di un terzo a seguito dei risultati inferiori al previsto della gara per la concessione delle licenze UMTS attraverso cui si era stabilito di reperire le risorse.
Da allora diversi piani di innovazione, molti ministri e altrettante agende digitali sono passate sotto i nostri occhi di cittadini 2.0, ma l'effettivo raggiungimento di tutti quegli importanti annunci non lo abbiamo ancora visto.
La maggior parte di tali buoni propositi si scontrano infatti da tempo con la situazione di degrado di molte infrastrutture, non solo informatiche, delle nostre pubbliche amministrazioni sopratutto quelle periferiche. Molto dello sforzo anche finanziario, di progettazione e realizzazione di investimenti in ambito ICT (Information and Comunication Technology) è stato infatti finora assorbito sopratutto dagli Enti dell'amministrazione pubblica Centrale, ovvero Agenzie di governo e Ministeri. Lasciando in condizioni sempre più precarie gli Enti locali o il mondo dell'istruzione. Le Regioni, le Province, i Comuni, le Asl, le Scuole e le Università hanno visto solo le briciole dei miliardi di lire o dei milioni di euro finora stanziati e spesi.
Nonostante sia sempre più evidente quanto sia importante l'ammodernamento tecnologico, la disponibilità delle connessioni internet veloci, il passaggio a tecnologie Cloud sempre più sicure e protette e l'introduzione di regole di sicurezza informatica nelle infrastrutture di tutta la PA, compresi gli Enti terriotriali e locali, ben poco viene fatto e previsto. In un altro nostro articolo affrontiamo il ritardo in cui si trova l'attuazione del recente piano PUL che prevedeva di portare la banda ultra larga su tutti i comuni e le amministrazioni pubbliche comprese quelle più periferiche. Quindi ci troviamo molto indietro e su molti fronti. Eppure, un attacco, in qualsiasi guerra di conquista, raramente si rivolge subito verso il centro di comando. Sono le guarnigioni in periferia, sopratutto quelle più sguarnite e meno difese, a venire colpite per prime.
Allo stesso modo saranno le periferie digitali più carenti a cadere per prime durante una prossima moderna Cyber-War. E a queste periferie digitali della pubblica amministrazione, in Italia, nessun intelligente piano di innovazione ha finora pensato realmente. Gli Enti locali ad esempio, che sono le Istituzioni pubbliche più vicine ai cittadini, alle imprese e ai territori economici e sociali da anni si scontrano con adempimenti normativi sempre maggiori e con una miope e costante riduzione delle risorse economiche messe loro a disposizione dagli Enti centrali e dallo Stato.
Una logica perversa e frutto di concetti come la "spending review" è da tempo legata alle spese per infrastrutture, non solo informatiche. Questo ha reso impossibile, per qualsiasi amministratore locale, fare investimenti tecnologici o produttivi ma anzi, in virtù di logiche puramente finanziarie legate al rispetto di vincoli di bilancio e patti di stabilità, è stato imposto loro di spendere, ogni anno, una percentuale sempre inferiore rispetto all'anno precedente. Con i risultati di degrado e impoverimento di tutte le infrastrutture presenti sui territori periferici che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Tornando agli aspetti di "innovazione" e cittadinanza digitale di cui parla il Preseidente del Consiglio, è interessante scorrere ad esempio il documento che ISTAT ha presentato in questi giorni che contiene numerosi dati del proprio Censimento permanente delle Istituzioni Pubbliche, una corposa indagine che ha coinvolto 12.848 Enti Pubblici in tutta Italia e fotografa la situazione di Università, Regioni, Comuni e altre PA sotto diversi aspetti. Tra gli ambiti oggetto dell'indagine c'è quello importante che riguarda il reale stato di digitalizzazione dell'amministrazione italiana, con un focus particolare sulla CyberSecuirty, la sicurezza informatica.
Come emerge dall'indagine la percentuale di enti pubblici che utilizzano il web per l'erogazione dei servizi è sempre più elevata. Molto più limitata invece risulta essere invece la percentuale di PA che per poterlo fare ricorre al cloud-computing (ovvero alla "delocalizzazione" delle proprie infrastrutture informatiche, costituite da server per i software e per le banche dati, che non vengono più mantenute all'interno delle reti informatiche interne ma esternalizzate affidando tali infrastrutture a sistemi di gestione su internet d proprietà di aziende certificate dal Ministero o di altri Enti che diventano i questo modo i loro "provider" esterni.Questo aspetto, proprio della maggior parte delle PA, del cercar di mantenere il più possibile le proprie infrastrutture informatiche fisicamente chiuse e materialmente vincolate al loro interno, è legato alla volontà e anche ad un retaggio di tipo politico e culturale delle loro classi dirigenti e degli amministratori pubblici.
Una logica ben poco moderna che si scontra de-facto con molti fattori quali: la complessità delle nuove tecnologie digitali e delle reti, lo sviluppo tecnologico in costante evoluzione, le esigenze crescenti dei territori che le stesse istituzioni pubbliche sono chiamate ad amministrare e anche con i desideri di qualsiasi moderna società civile che esse sono chiamate a rappresentare.
Basta osservare l'infografica raffigurata sopra (tratta dal portale del progetto PA Digitale dove vengono analizzati e rappresentati sinteticamente alcuni valori del Censimento ISTAT) per intuire quanto in tutte le pubbliche amministrazioni italiane gli alti costi di mantenimento delle proprie infrastrutture informatiche tradizionali facciano il paio con la mancanza di sicurezza informatica delle stesse.
Infatti, da questi dati salta subito all'occhio quel 74% di Università e 65% di Regioni che vengono colpite da attacchi informatici in misura molto superiore alle PA Centrali. Amministrazioni pubbliche vitali per la vita di tutti noi che subiscono tutta una serie di danni, compresa la perdita di dati dei cittadini e sono costrette a sostenere costi sempre più alti per adottare misure di sicurezza spesso in modo insufficiente data la carenza perenne di fondi da destinare a questo.
Al giorno d'oggi infatti, qualsiasi pubblica amministrazione dalla più grande alla più piccola, deve saper operare al meglio con le nuove tecnologie e il web erogando verso i propri cittadini quei servizi a cui tutti hanno diritto, per legge. Si tratta ormai di servizi che tutti si attendono di trovare disponibili e accessibili online. Quegli stessi servizi 2.0 che la maggior parte degli utenti della rete sono abituati ad usare ovunque nel mondo commerciale e privato, basti pensare all'enorme diffusione dei sistemi telematici di pagamento online, dei sistemi di eCommerce o dei sistemi di HomeBanking.
Un Ente pubblico che si dimostri non in grado di gestire la complessità di una filiera rappresentata dalla sempre più vasta molte di dati di persone e aziende che vengono conservati, gestiti o diffusi attraverso la rete è un ingranaggio sempre piu fragile dentro un meccanismo destinato ad incepparsi. Gli enti pubblici trattano dati che sono non solo anagrafici personali o riservati ma sono anche dati altamente sensibili e soggetti a rigidi vincoli di privacy e riserbo professionale, come ad esempio quelli sanitari o giuridici.Dal corretto modo di gestione e fruizione di tali dati attraverso le nuove tecnologie di rete dipendono tutti quei servizi avanzati che vengono definiti di eGovernment.
Questi servizi di eGovernment partono dalla possibilità di avere massima visibilità di dati statistici o che vengono definiti aperti, ovvero gli OPEN DATA insieme a dati di trasparenza ad accesso pubblico che ogni PA è tenuta a rendere disponibili a tutti. Ma arrivano anche fino alla possibilità, per ogni singolo cittadino, di poter avere accesso ai propri dati, residenti presso le banche dati di qualsiasi PA, per verificare che vengano trattatti in aderenza al nuovo regolamento europeo n. 679 del 2016 (noto come GDPR) al quale tutte le amministrazioni pubbliche in Europa devono attenersi, fino alla possibilità di poter usufruire di sistemi di pagamento elettronici quali il sistema PagoPA.
Una rete di Amministrazioni periferiche come questa, in Italia, aspetta ancora di vedere un piano di innovazione che sia loro espressamente dedicato.