CAGLIARI. Una speranza, dopo anni di buio e incubi, per le residenti del quartiere di Mulinu Becciu, sotto scacco del maniaco. "Per la prima volta questa mattina sono stata invitata dal Comandante dei Carabinieri della stazione di via Nuoro a Cagliari, e ho trovato una piena disponibilità da parte sua nel farsi carico del caso". A parlare è Chiara Durzu, la responsabile del comitato spontaneo delle donne del quartiere cagliaritano, che in una nostra intervista aveva denunciato quanto accade nella zona da anni (QUI IL LINK).
Denunce, quelle in mano al comitato, che in realtà risalgono già al lontano 2014. Durzu stessa si era recata in caserma per la prima volta nel 2019 "insieme ad alcune ragazze per segnalare personalmente la situazione e cercare di capire come mai, nonostante le denunce, non fosse stato fatto nulla", ricorda.
E qui la domanda nasce spontanea: "Com'è possibile che, dopo 10 anni, si inizi finalmente ad occuparsi del caso solo ora, nonostante le varie denunce precedenti? E soprattutto, mi domando come si possa fare questo senza aver mai stilato un profilo dell'aggressore. Infatti, questa mattina mi è stato chiesto di raccontare ancora una volta i fatti, di definire un profilo dell'uomo, insomma di fare io quello che le autorità avrebbero dovuto fare da tempo", attacca Durzu, "Dal 2019 ad oggi, ho notato una scarsa preparazione da parte delle forze dell'ordine, in tutte le fasi: sia nella gestione dell'accoglienza delle donne che denunciano dopo aver subito aggressioni, sia nell’organizzazione interna tra le varie forze. Carabinieri e polizia non comunicano: se io e un’altra donna subiamo la stessa aggressione dallo stesso soggetto ma una presenta la denuncia dai carabinieri e l’altra della polizia appare evidente che vengano gestite separatamente. Se il colpevole non è stato ancora fermato, probabilmente quanto è stato fatto finora non è stato sufficiente".
Intanto il numero delle donne aggredite continua ad aumentare, l'ultima il 15 febbraio 2025. Durzu aggiunge: "Le conseguenze psicologiche per queste donne sono gravi: vivono con paura, la loro libertà è limitata, non si sentono sicure se non in presenza di una figura maschile. Siamo nel 2025, eppure viviamo come se fossimo donne abitanti in altri paesi dove le donne non sono libere. E tutto questo, voglio sottolinearlo, a pochi passi dall’8 marzo".
L'appello è chiaro: "Chiedo a tutte le donne di non rimanere in silenzio, di fare rete e di trovare il coraggio di parlare, soprattutto alle più giovani. Non possiamo pensare di costruirci un futuro dove la nostra libertà dipende da chi ce la concede, dove essere libere al pari di un uomo diventa un’utopia. Ringrazio tutte le donne che hanno avuto il coraggio di metterci la faccia, che mi hanno dato fiducia e che hanno deciso di fare rete. Voglio inoltre ricordare che la battaglia che stiamo portando avanti è anche per proteggere gli altri cittadini, uomini compresi, che rischiano di essere ingiustamente accusati o sospettati da parte della comunità che ormai vigila su tutti nel quartiere. Questo non è giusto, e questa non è la comunità che vogliamo".