CAGLIARI. "La gestione del personale, che ad avviso dello scrivente è condizionata da scelte di tipo non aziendalistico poste in essere nel corso dei decenni, costituisce degli elementi di criticità importanti". Quindi: per decenni le assunzioni non sono state decise per il bene e lo sviluppo della società. Non si parla di "accozzi" - quindi di posti di lavoro distribuiti tra parenti o amici degli amici - o di favoritismi. Ma la formula è critica. Tanto che i dipendenti sono un problema. Uno dei tanti.
Il contesto è il Tecnocasic Spa, la società pubblica che si occupa della gestione dei rifiuti nella zona industriale di Macchiareddu. Le parole non sono state pronunciate al bar ma sono scritte nel piano di ristrutturazione aziendale risalente all'ottobre del 2020 e reso pubblico solo a febbraio. E a firmarle è l'amministratore unico Sandro Anedda, che delinea un quadro poco confortante: a monte c'è un bilancio, approvato a giugno dell'anno scorso, che si è chiuso con una perdita di 2.511.359 euro. Un buco appianato solo con un intervento della società madre, il Cacip, che ha rinunciato a un montagna di crediti per evitare il tracollo. Nel documento si prevede uno "scivolo" per 15 dipendenti che garantirebbe un risparmio annuo di mezzo milione di euro.
Nelle 27 pagine del documento firmato da Anedda si guarda al passato, con pesanti critiche, e ci si proietta verso il futuro. E l'anno della svolta è indicato nel 2022. Nel frattempo bisognerà porre rimedio a storture che, si legge, si sono incancrenite col tempo, e sarà necessario "recuperare il tempo perduto in questi ultimi anni, in cui forse non si è saputo o voluto porre in essere quegli investimenti e quelle innovazioni tecnologiche che adeguassero la piattaforma alle attuali esigenze che, soprattutto il mondo del trattamento dei rifiuti avrebbe richiesto".
Un esempio? "L’impianto di trattamento dei rifiuti liquidi attualmente esistente, realizzato più di 20 anni fa, risulta oggi in condizione di poter trattare solo poche tipologie di rifiuti liquidi prodotti dalle Aziende insediate nei tre Agglomerati Industriali di pertinenza del CACIP, ma più in generale da tutte le Aziende della provincia, non riuscendo a garantire i limiti imposti per lo scarico nella rete fognaria interna che convoglia all’impianto di depurazione consortile". Quindi "Anche nel 2020, quasi la totalità di richiesta di trattamento dei liquidi non ha portato alla conclusione dei contratti, in quanto l’impianto non era in grado di trattare i suddetti rifiuti. Lo stesso Cacip è costretto ad avviare il percolato della propria discarica di servizio ad altri siti a causa dell’inadeguato funzionamento dell’impianto". La conseguenza è che si paga per conferire un rifiuto che, invece, dovrebbe produrre utili.
Il Tecnocasic punta sul revamping del termovalorizzatore (un'operazione da 70 milioni di euro) e dell'impianto di compostaggio. Per il primo c'è un problema, però: l'incremento della raccolta differenziata in tutti i comuni dell'area servita dall'impianto, "ha fatto sì che il secco residuo conferito in piattaforma passasse delle oltre 130.000 tonnellate nel 2014 a meno di 90.000 nel 2019". La termovalorizzazione è considerata meglio solo del conferimento in discarica. E al Tecnocasic servono almeno 110mila tonnellate annue per tenere in equilibrio economico l'impianto (con tariffe a 165 euro e tonnellata). La soluzione proposta? "Un incremento della quantità di rifiuti termovalorizzabili a partire già dal 2022 acquisendo, come previsto nel Piano regionale, tutti i rifiuti del bacino di riferimento e, ricorrendone la necessità, i rifiuti extraregionali". Si punta, quindi, all'importazione di immondizia da altre regioni. Ma nel piano è previsto anche un impianto per il riuso della plastica: le 30mila tonnellate prodotte e differenziate ora vengono spedite fuori Sardegna
- E.F.
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