CAGLIARI.- Dodici ore. Tanto lunga è l’attesa che deve subire un malato di tumore prima di terminare analisi del sangue, visita e poi chemioterapia. Il luogo è sempre lo stesso: l’ospedale oncologico di Cagliari di via Jenner, punto di riferimento e di eccellenza (se si parla di personale sanitario) per chi si ritrova a combattere contro il cancro. Una novità? Per niente: le testimonianze dei pazienti raccontano di attese infinite a causa di un sistema sbagliato da anni. Basta salire al quinto piano di via Jenner 1, quando si è fortunati si trova qualche sedia libera nella sala d’attesa. Altrimenti si aspetta in piedi. Quando sono fortunati i pazienti attendono mezza giornata prima di tornare a casa, altrimenti anche 12/13 ore. Poi magari devono affrontare anche un viaggio per tornare a casa, in paese. Perché si sa, l’oncologico di Cagliari è un punto di riferimento per tutti i pazienti oncologici sardi. Pochi posti per l’attesa e sono pochi anche i divanetti per la chemio, solo due per ogni stanza. Le stanze sono 8/9 in ogni aula, le aule invece due, la c e la d. In pochi perdono la pazienza durante l’attesa, tanto tutti sono là per lo stesso problema e con lo stesso obiettivo: provare a sconfiggere il cancro.
“Siamo qua dalle 6.30 e arriviamo da Siliqua”, racconta Fabiana Guglielmi di 43 anni, con un tumore al seno diagnosticato da cinque anni, accompagnata dalla mamma, “vengo qua da quasi 5 anni, una volta alla settimana per due settimane consecutive, poi faccio una pausa di una settimana. Arrivo sempre alla stessa ora, quando mi va bene finisco alle 14, quando va male anche alle 7 di sera, so che c’è da aspettare, siamo tutti pazienti”.
Nessuna critica nei confronti del personale: tutti i pazienti che attendono lo definiscono “eccellente”. In tre quarti d’ora sono arrivate solo due chiamate per l’inizio della chemio, i numeri 1001 e 1002. Nella saletta d’attesa anche se c’è uno schermo dove si dovrebbero indicare i numeri assegnati ai pazienti, è compito di un operatore chiamare chi aspetta e portarlo nella sala assegnata per l’inizio della chemio. Il tempo varia a seconda della durata della terapia, si parte da un minimo di una o due ore, per arrivare anche a cinque ore.
“La struttura non è adatta, i pazienti aumentano tutti i giorni ed è stata pensata per circa cento persone, ma si arriva anche a 120 o 130 in un solo giorno”, dice Ivo Salis che quel posto lo conosce bene, ci va da cinque anni. “Vengo qua tre volte al mese per tre settimane di seguito, poi faccio una settimana di riposo, oggi sono arrivato alle 5.45, arrivo sempre alla stessa ora”: alle 11 sta ancora aspettando la chiamata. Lui, 70 anni, è uno di quei pazienti “fortunati”, ancora indipendenti.
“Arrivo da solo da Gonnosfanadiga con la mia auto, ho un cancro al polmone, si inizia da lì”. Nessuna prenotazione, si procede in ordine di arrivo. “Stanno tentando di organizzarsi, ma è difficile”, racconta Salis. A un’altra paziente, che preferisce tenere l’anonimato va meglio, lei lotta da marzo e quello di oggi era l’ultimo appuntamento al quinto piano del Businco. “Spero di non tornarci più”, dice mentre aspetta, ma tiene a precisare (anche lei) che “il personale è eccellente, per noi hanno sempre un sorriso”. Lei è una di quelle pazienti che è dovuta emigrare per una diagnosi. “Arrivo dall’hinterland cagliaritano, martedì scorso sono arrivata a casa alle 18.15, ero in ospedale dalle 6.30”.