CAGLIARI. A Calasetta gli sposi possono giurarsi amore eterno anche in tabarchino. È un elemento culturale talmente radicato nell’identità locale che spesso viene utilizzato (su richiesta) nelle celebrazioni ufficiali come il matrimonio, perché riconosciuto dalla Regione come lingua minoritaria. L’ultimo matrimonio in tabarchino risale a mercoledì scorso (18 luglio), quando nell’aula consiliare del Municipio Noemi Cabras e Marco Santolisier sono diventati moglie e marito in seguito al rito celebrato in lingua dal vicesindaco Remigio Scopelliti. "Lo statuto del Comune di Calasetta prevede l’uso pubblico del tabarchino nell’ambito delle occasioni ufficiali – spiega Scopelliti – inclusi matrimoni e sedute del Consiglio Comunale". A formulare la richiesta sono, di norma, persone che vantano un certo legame con Calasetta: oltre ai residenti, dunque, anche figli o nipoti di persone originarie del paese.
Perché, come chiarisce il vicesindaco, "è necessario che gli sposi comprendano la lingua: il matrimonio è un contratto e in quanto tale, si richiede che i “contraenti” siano consapevoli di ciò che viene pronunciato durante il rito". Attualmente il tabarchino è parlato dalla maggioranza della popolazione adulta di Calasetta e risulta inquadrato come variante del genovese trasferito nel 1500 sull’isola tunisina di Tabarca e, due secoli dopo, trapiantato nelle sedi di Calasetta e Carloforte (in Sardegna) e sull’isola di Nueva Tabarca (in Spagna) dove si è tuttavia estinto all’inizio del 1900.