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A Jerzu la sartoria artigianale diventa un centro di produzione per mascherine riutilizzabili

 

 

JERZU. Da più di 1 mese forbici, aghi, filo e macchinari sono fermi. Non si taglia più la stoffa, non si creano più risvolti, orli e asole e, soprattutto, non si prendono più le misure a quei clienti che, per 60 anni, sono entrati nella sartoria artigianale “Mario Demurtas” a Jerzu, per farsi cucire, su misura, abiti, giacche e calzoni da pastore, rigorosamente in velluto, e farsi creare berretti sardi. Tutto fermo, anche le 16 mani degli 8 fidati dipendenti bloccati a casa senza poter fare nulla. La chiusura della sartoria è stata imposta per decreto, considerata attività non di primaria necessità per il Paese. Ma la “voglia matta” di 8 volontari per aiutare gli altri nella dura lotta contro il coronavirus non riesce a placarsi.

I volontari e la titolare, Valentina, che dal 1 gennaio, con il passaggio  generazionale, ha preso la titolarità dell’azienda dal padre Mario, trasformano la sartoria artigianale  in un centro di produzione di mascherine. Non semplici dispositivi usa e getta, ma veri e propri strumenti di protezione lavabili, realizzati in cotone, e riutilizzabili con una taschina anteriore per poter inserire, e sostituire, uno strato filtrante monouso. Prima 10, poi 20, poi 100 fino ad arrivare a 500 al giorno da distribuire, gratuitamente, agli impiegati del comune di Jerzu e nelle case di riposo, poi nei supermarket, nelle edicole,  e tra i conoscenti affinché ognuno possa sentirsi protetto da questo male.


“In un momento come questo ognuno di noi deve dare il suo contributo", afferma Valentina Demurtas, "per questo stiamo cercando di realizzare nel minor tempo possibile un numero tale di mascherine, oggetti introvabili e sempre più preziosi, per donarle e da poter affrontare almeno questa imminente emergenza. Sono importanti più per un fatto psicologico, che dal punto di vista batteriologico. Danno tranquillità ai cittadini che sono molto spaventati”.

“Ormai è una questione di principio", continua la titolare, "abbiamo richieste di migliaia e migliaia di casi: medici, operatori sanitari, malati, militari, carabinieri, farmacisti. La lista è infinita. In questi giorni difficili si tratta di un regalo per chi è impegnato in prima linea. Sono pronti i pacchi di mascherine da mandare a Cagliari, in dono all’Azienda tutela della salute che con Confartigianato Sardegna ha sottoscritto un accordo per recuperare questi dispositivi di protezione dalle imprese artigiane che in questo momento non possono utilizzarle. Il nostro piccolo contributo e ringraziamento verso chi ogni giorno e sul fronte a combattere per tutti noi. Vorremmo che questo gesto fosse seguito da tutti i nostri colleghi che hanno le micro imprese sparse in tutta la regione”.

“La sartoria è chiusa", conclude, "ma  abbiamo la fortuna di avere dei volontari fantastici che  vogliono offrire il loro piccolo grande contributo, utilizzando le conoscenze e l’energia interiore positiva. Per noi vale “s’aggiudu cambiu”, ovvero aiutare gli altri quando sono in difficoltà: questo è un punto fondamentale. Questa iniziativa sta dimostrando il grande cuore delle persone d’Ogliastra, popolo generoso e attivo, e lo spirito di collaborazione in un momento molto critico per l’Italia. A crisi finita, torneremo  presto a produrre i nostri prodotti apprezzati in tutta la Sardegna e non solo per il futuro abbiamo tante sfide magari anche l’opportunità di cercare anche nuovi mercati e sfruttare le nuove richieste. Ma in questo momento dobbiamo aiutare chi ne ha più bisogno e noi ci siamo, in silenzio e con tanta energia”.