ROMA. A marzo in Sardegna i morti sono stati il 13,7% in più rispetto alla media dello stesso mese negli anni dal 2015 al 2019 (1.707 contro 1.495). Nel confronto con le stesse annualità, se si considerano le mensilità di gennaio e febbraio, l'aumento era stato solo dell'1,1%. Il dato, è ovvio, è accresciuto dai decessi annoverati tra quelli causati dal coronavirus. Ma questi, tra il 20 febbraio e il 31 marzo, hanno inciso solo per il 2,3%: si contavano appena 28 decessi per Covid-19 (stando alle tabelle ufficiali, all'Istat ne risultano 39).
Per questo, forse, quando si traccerà un bilancio della letalità del virus bisognerà far entrare anche le morti causate dal fatto che con la chiusura dell'attività ordinaria degli ospedali ai sardi non viene garantita la cura di altre altre patologie. Oppure sarà necessario capire se certe vite che si sono spente non sono entrate nel bollettino della protezione civile, quando avrebbero dovuto. I numeri sono dell'Istat. Che riporta anche i picchi drammatici di regioni e territori dove il virus ha fatto una strage. Ecco, senza aggiungere altro, qual è stato l'incremento dei morti nei territori più colpiti: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (370%), Brescia (290%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%).
Di fronte a queste percentuali, quella sarda impallidisce. Ma deve far riflettere il fatto che l'Isola è la regione dove si è registrato uno degli incrementi maggiori nel sud del Paese, a fronte di un numero abbastanza contenuto di contagi. Mentre l'Italia si attesta su un incremento del 49,4%, la Sicilia a marzo ha fatto addirittura registrare una diminuzione dei decessi (-2,7%), come la Campania e la Basilicata (rispettivamente - 1,9% e -7,2%).