TORINO. Avrebbero dovuto controllare la qualità e il rispetto degli standard dei prodotti Igp e Dop, come l'agnello sardo, il pecorino romano (prodotto principe in Sardegna) o il Fiore sardo. Invece, a quanto pare, l'istituto di certificazione friulano Ifcq - assieme a Parma Qualità - non operava come doveva. Tanto che il ministero delle Politiche agricole ha deciso il commissariamento: licenze sospese per sei mesi, a partire dal primo maggio, e tutti i controlli svolti sotto il rigido controllo delll’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del ministero. Il provvedimento nasce a seguito di un'inchiesta della Procura di Torino su una maxi frode sull'importazione di migliaia di cosce di maiale della razza Duroc danese, destinate a finire illegalmente nel circuito del prosciutto Parma-San Daniele e spacciata come italianissima. Un anno di indagini che hanno fatto emergere molte ombre nella gestione dei controlli di qualità.
"Una decisione gravissima", accusa il leader di Unidos Mauro Pili, commentando il provvedimento del ministero, "soprattutto perché mette in rilievo quello emerso nella denuncia che ho avanzato dieci giorni fa relativamente a controlli inadeguati alla tutela dei prodotti sardi. In particolar modo in seguito ad un incontro promosso tra Gavoi e Fonni da decine di allevatori delle zone interne avevo segnalato al Ministero incongruenze e mancati controlli sulla filiera produttiva del “Fiore Sardo”. Mancati controlli che stanno mettendo a rischio uno dei prodotti più importanti della qualità sarda come appunto il “Fiore sardo” che sta rischiando di essere trasformato in un prodotto industriale contro tutte le disposizioni che impongono la trasformazione solo di latte crudo e non pastorizzato. Un elemento imprescindibile quello del latte crudo che non viene in alcun modo verificato e certificato. Ora questa sospensione mette a nudo i limiti dei controlli e impone un cambio di rotta immediata. Non possono essere società esterne a verificare le produzioni, servono organismi terzi nella veste di pubblici ufficiali. Va rivista da cima a fondo la filiera della certificazione. E’ impensabile che i prodotti di qualità della Sardegna debbano essere certificati da società con sede in Friuli".