CAGLIARI. Due bambine la scorsa settimana non ce l’hanno fatta. Hanno lottato. Così come lottano contro un tumore i bimbi che vengono seguiti al Microcitemico di Cagliari. A rendere ancora più difficile una condizione di salute precaria come quella dei piccoli spesso ricoverati in via Jenner, ci si mette anche la burocrazia. Un unico anestesista pediatrico. Spesso un unico infermiere per tutto il reparto, costretto a turni massacranti, ma sempre con un gesto dolce per i piccoli sul letto dell’ospedale.
“Tutto ciò che noi temevamo che sarebbe potuto accadere con lo scorporo, è accaduto”, dice Francesca Ziccheddu, presidente dell’Asgop (associazione sarda genitori oncoematologia pediatrica), “vogliamo un anestesista come ce lo avevamo prima, non vogliamo dividerlo con il Brotzu, abbiamo bisogno di personale dedicato”. La denuncia della Ziccheddu arriva dopo che il telefono dell’associazione in questi giorni ha squillato più e più volte. Le mamme chiamano per denunciare il rinvio ad esempio di una risonanza in sedazione, fondamentale per la cura dei piccoli.
Da lì si può capire a che punto si è arrivati per un percorso terapeutico ma anche la tempistica della cura da rispettare come la chemio. “Mia figlia aveva una risonanza prenotata per il 2 marzo, non stava bene, allora abbiamo chiesto un rinvio”, spiega Sara Porcu, mamma di una bambina di 4 anni, “ci hanno detto di presentarci il 21 marzo, ma una volta arrivate qua siamo state rimandate a casa, senza giustificazione, e il prossimo appuntamento è stato fissato per il 21 aprile. Fortunatamente io arrivo da Quartu, ma c’è anche chi attraversa l’Isola per arrivare qua”.
Inutile pensare di avere la stessa prestazione a pagamento. “Impossibile, perché l’anestesista pediatrico è uno, in tutta l’Isola, e in sedazione la può fare solo lui”. A spiegare bene cosa significa una proroga di una cura è Vincenza Sardina, mamma di un bambino di 14 anni. “La tempistica nelle diagnosi è fondamentale, stiamo parlando di tumori, non di un’influenza stupida, di una malattia mortale, noi perdiamo i bambini, come è accaduto recentemente. Quindi è importante che si rispettino i tempi per capire se c’è ancora la malattia, dove è arrivata, non si può perdere tempo, perché noi perdiamo i nostri figli”. Anestesista a parte, mancano anche gli infermieri. “La settimana scorsa ci siamo trovati con un solo infermiere in tutto il reparto”, spiega Alessandro Cadau, padre di una bambina di 13 anni, “alcuni bambini, a causa delle procedure che devono essere eseguite il giorno dopo, iniziano un digiuno dalle 21 per subire un’anestesia, che arriva anche alle 14, perché l’anestesista si deve dividere tra i due ospedali di riferimento, l’iter quindi poi si conclude per i piccoli alle 16, con tante ore di digiuno alle spalle”.