CAGLIARI. Poco pubblico, e la paura del virus non sarebbe l'unica causa. Scarsa pubblicità, nessun programma di musica da camera, un governo dell'azienda caratterizzato da immobilismo, scelte sbagliate, compresa quella sull'opera di apertura. Lungo, lunghissimo l'elenco di carenze del teatro Lirico di Cagliari che è stato stilato dalla rappresentanza sindacale unitaria. Nel mirino c'è il sovrintendente Nicola Colabianchi. Ecco il documento integrale, inviato al sindaco Paolo Truzzu e a tutti i componenti del consiglio di indirizzo.
Nonostante i ripetuti richiami da parte della scrivente RSU a che in azienda si ponesse rimedio alle innumerevoli criticità gestionali e organizzative sussistenti, praticamente nulla è stato fatto. Problematiche sopite dagli effetti acuti della pandemia si stanno ora riproponendo ancor più amplificate dal contesto socioeconomico non certo dei più favorevoli. I dipendenti della nostra Fondazione sono estremamente preoccupati dall’immobilismo e dalla sostanziale imperizia amministrativa di cui sta fornendo prova l’attuale gestione.
Affluenza di pubblico. La modestissima affluenza di pubblico è diventato il problema principale del nostro teatro. Avvisaglie di tale natura si sono manifestate fin dal rientro dalla ferie estive ma nonostante ciò la questione non è stata affrontata con la dovuta scrupolosità ed ha generato gli effetti perniciosi all’evidenza di tutti. Le cause di una tale disaffezione del pubblico sono molteplici ed è fuor di dubbio che la pandemia e gli effetti da essa prodotti siano tra queste. Tuttavia imputare esclusivamente all’attuale contesto pandemico la responsabilità della scarsa affluenza di pubblico è un alibi non più accettabile poiché altre fondazioni nostre consimili, pur operando in ambiti geografici ancor più colpiti dall’epidemia, hanno saputo far fronte a tale problema molto meglio di noi. Una campagna pubblicitaria inadeguata, la mancanza di una offerta artistica diversificata e attrattiva, l’incomprensibile assenza di una stagione di musica da camera, il controproducente incremento del costo dei biglietti, l’assenza di un serio progetto di marketing hanno contribuito a produrre questo disastro e ciò è da imputarsi esclusivamente all’attuale gestore. Una sequela di scelte inopportune come quella del titolo inaugurale, un’ opera poco conosciuta e di difficile realizzazione che necessiterebbe di grandi organici artistici, non compatibili con la pandemia.
Gestione del teatro. Il governo dell’azienda è imperniato su un’immobilismo che, per quanto è pervasivo, sembra concepito scientemente. La stagione 2022 ad oggi non è stata ancora presentata al CdI: riesce assai arduo capirne la motivazione soprattutto se si confronta la nostra realtà con quella delle altre fondazioni che oramai da tempo l’hanno resa pubblica mettendone in vendita biglietti e abbonamenti. Non è dato sapere se per il prossimo anno sia stato approntato alcun progetto che interessi il territorio regionale, nonostante tale attività sia prevista tra i fini statutari della Fondazione. Non esiste un progetto organico che coinvolga le scuole di vario ordine e grado pur essendo le stesse il bacino naturale di raccolta del nostro pubblico futuro. Diversamente da qualsiasi altra fondazione, questa gestione non riesce a proporre una stagione di musica da camera che, articolata con conferenze eterogenee, contribuirebbe ad ampliare la nostra platea di spettatori. Nonostante la RSU abbia più volte manifestata la volontà di addivenire ad accordi aziendali finalizzati ad un incremento della produzione, mai l’azienda ha sentita la necessità di aprire un tavolo di trattativa per valutare le prospettive positive che da ciò potrebbero derivarne. Essendo il contratto integrativo aziendale fermo da 20 anni, i dipendenti si aspetterebbero che il sovrintendente si attivasse per reperire finanziamenti utili al rinnovo contrattuale, ma anche sotto questo aspetto il gestore latita derubricando la questione. L’attività internazionale, a differenza di altre fondazioni lirico-sinfoniche, è totalmente assente e l’aspetto che maggiormente preoccupa la scrivente è la sensazione che non vi sia alcun serio proponimento di portare il nostro teatro, e con esso il nome/ marchio della Regione Sardegna, fuori dai confini nazionali.
Accordo di flessibilità. Sull’accordo menzionato non è possibile trovare parole congrue per esprimere il disappunto della presente rappresentanza e dei dipendenti: siglato a fine giugno se ne sono perse le tracce e questo è inaccettabile e sintomo dell’inefficienza e della disorganizzazione che regnano sovrane in azienda. Grazie al sostegno dei nostri Soci e ai sacrifici di carattere economico e contrattuale sostenuti dai lavoratori, la Fondazione ha saputo uscire da una situazione finanziaria che fino a qualche anno addietro sembrava irrecuperabile: ora è necessario che tutto questo lavoro dia i suoi frutti e l’Azienda produca al massimo delle proprie possibilità riconoscendo ai lavoratori il giusto dovuto. Per quanto detto e a tutela del posto di lavoro di tutti i dipendenti della Fondazione, la RSU esige un immediato cambio di rotta nella gestione dell’azienda; diversamente, sarà inevitabile l’apertura di una stagione conflittuale .
- Redazione
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