CAGLIARI. Impresa nata a Bolotana, approdata a Londra e fallita al porto canale di Cagliari. Un finale dall’esito scontato quello della storia che ha legato la società Pifim Company Ltd allo scalo industriale in declino del capoluogo sardo. I container non ci sono più. I lavoratori nemmeno. E non torneranno, almeno per ora. Perché l’autorità portuale non ha potuto fare a meno di concludere con esito negativo il procedimento per la concessione demaniale marittima del terminal.
La Pifim, società di diritto inglese dietro la quale si muove il manager di Bolotana Davide Pinna, semplicemente non ha fornito i documenti richiesti dall’authority a garanzia della bontà dell’operazione di acquisizione della più importante infrastruttura portuale della Sardegna. Eppure il presidente Massimo Deiana ci aveva provato, lo scorso 23 novembre: da Cagliari era partita una richiesta di integrazione documentale. Qualcosa è arrivato ma, come si legge in una nota diramata stamattina, “non ha colmato le restanti e non superabili lacune di carattere amministrativo, finanziario, operativo e tecnico”.
Non si poteva fare altro. Gli stranieri che non erano stranieri non sono stati in grado di offrire una prospettiva alle centinaia di lavoratori del porto di Cagliari. Che hanno ricevuto la notizia dai sindacati, convocati da Deiana subito dopo la bocciatura della Pifim.
“Nonostante l’impegno profuso e l’innegabile spirito di collaborazione e buona fede dimostrati dall'autorità portuale – spiega Deiana, la società proponente ha rifiutato di presentare l’ulteriore adeguata documentazione che comprovasse alcuni dei fondamentali ed imprescindibili requisiti richiesti dalla Legge italiana, dal Regolamento sulle concessioni demaniali dell’Ente e dalla call internazionale. Ora guardiamo avanti”, ha concluso. Il futuro del porto industriale è sempre più nero.