CAGLIARI. Sulle spiagge isolane negli ultimi tempi si è parlato (anche) di cozze. Non di come prepararle in vista di una cena accompagnata da un buon Vermentino ghiacciato, ma della loro origine. A far sorgere più di un dubbio sulla reale sardità del mitile allevato nell'oristanese da Nieddittas - azienda di Arborea new entry tra gli sponsor del Cagliari Calcio - l'ex vicesegretario del Psd'Az Mario Carboni. In un post pubblicato sulla sua pagina Facebook, il presidente della fondazione "Sardegna Zona Franca" - sostenitore accanito della causa sardista - mostra una foto del talloncino di accompagnamento delle Nieddittas con su scritto "allevate in Grecia e reimmesse in Sardegna nei vivai del golfo di Oristano".
"Pinta le cozze e sbattile in Sardegna", tuona Carboni nel post riprendendo un noto detto e bollando le Nieddittas come "cozze turistiche".
Nel giro di pochi giorni, il post di Carboni raggiunge oltre 800 condivisioni costringendo l'azienda produttrice - che quest'anno festeggia i cinquant'anni di attività - a intervenire con un comunicato stampa in cui si rivendica la sardità delle cozze, nate sì nelle acque greche ma, appunto, reimmesse nel mare isolano fino ad acquistare le stesse caratteristiche organolettiche di quelle nate e cresciute nel golfo di Oristano. "Il novellame sardo - si legge nella nota diffusa dal consorzio dei pescatori - è identico al novellame greco, adriatico o spagnolo perché è novellame della stessa specie. Il novellame sardo non è quindi né migliore né peggiore dell’altro novellame". Il comunicato chiama poi in causa la ricerca scientifica per spiegare che "se alla fine del ciclo di allevamento le cozze cresciute in un altro paese vengono reimmerse nelle nostre acque per almeno 28 giorni, acquistano le stesse caratteristiche organolettiche di gusto e sapidità delle cozze cresciute esclusivamente nel nostro Golfo di Oristano".
Finita qui? No, perché Carboni torna alla carica scrivendo su Facebook di aver ricevuto una lettera dagli avvocati di Nieddittas con un duplice invito: rettificare le sue dichiarazioni e visitare gli stabilimenti di Arborea. Così il presidente di "Zona Franca" finisce per correggere il tiro ribadendo tuttavia che, in quel caso, sempre di cozze greche si è trattato. Nessuna rivendicazione sul "made in Sardinia", dunque, anzi: viva la libera circolazione delle merci, sempre a patto che ci sia trasparenza. "E non solo nelle etichette".
Peccato però che nel frattempo la polemica sul mitile ignoto abbia diviso l'opinione pubblica isolana tra sostenitori e critici di Nieddittas. Se il capofila di questi ultimi rimane il sardista Carboni, nelle schiere dei supporter della cooperativa arborense si arruola Michela Murgia: "Per una volta nella vita economica sarda siamo la parte più evoluta della filiera, cioè non siamo noi l'origine di un prodotto trasformato altrove, ma siamo il luogo della trasformazione, quello dove si produce il più alto valore aggiunto - spiega la scrittrice di Cabras - Incazzarsi per questo è da fessi, oltre che anti-economico". "La qualità non sta nella nascita", conclude, sposando la causa dello ius soli (anzi, ius aquae) anche sul fronte dei prodotti da allevamento.
Nell'attesa che le acque (greche o sarde che siano) tornino alla calma, un dato è comunque certo: tra chi annuncia il boicottaggio della cozza straniera e chi giura amore eterno al mollusco indigeno, in questa "pepata" polemica di mezza estate non si sa davvero più che pesci prendere.