CAGLIARI. A voler banalizzare si potrebbe parlare di battaglia navale sul mare della Sardegna (e non solo). Ma dietro ciò che sta succedendo al gruppo Moby-Tirrenia, che garantisce i collegamenti tra Isola e Penisola in regime di continuità territoriale, pare esserci un intrigo finanziario internazionale le cui conseguenze sono difficile da prevedere.
Ad anticipare il terremoto (il maremoto, anzi) è stata nei giorni scorsi la compagnia di Vincenzo Onorato, con una nota piovuta nelle caselle mail delle redazioni. Ecco il contenuto della missiva del 19 settembre: "Moby S.p.A. ha dato mandato ai propri legali di denunciare alla Procura della Repubblica i gravi fatti calunniosi contenuti nel ricorso alle procedure concorsuali presentato da alcuni fondi di investimento a carattere speculativo tutti con sede in paradisi fiscali. Moby denuncia questo fatto come l’ultimo atto di una strategia iniziata con un’ossessiva campagna diffamatoria a mezzo stampa, più volte denunciata a diverse autorità giudiziarie. Moby confida nell’operato della magistratura italiana con serenità in quanto pienamente consapevole della calunniosità del ricorso".
In cosa consistessero queste "procedure concorsuali" non è stato rivelato. A parlare di richiesta di fallimento è il Sole 24 Ore in edicola oggi. L'istanza sarebbe stata presentata da alcuni fondi stranieri, quelli con "sede nei paradisi fiscali" citati nel comunicato della compagnia, che si sarebbero affidati allo studio legale Dla Piper, con sede a Londra. Si chiamano Cheyenne Capital, York Capital e SoundPoint Capital e detengono buona parte del bond da 300 milioni di euro di Moby, con scadenza al 2023 e interessi al 7,75%. Il titolo è in sofferenza da tempo. E adesso pare sia arrivata l'aggressione.
L'operazione che ha acceso le polveri è l'affare concluso da Tirrenia con il gruppo danese Dfds: il gruppo italiano cede le navi nuove, Moby Aki e Wonder (in servizio sulle tratte per la Sardegna) in cambio di due navi più vecchie (la King Seaways e la Princess Seaways, rispettivamente del 1987 e del 1986) e una cospicua plusvalenza che si aggirerebbe intorno ai 70 milioni (anche se sull'entità non è arrivata alcuna conferma): soldi che confluirebbero nelle casse della compagnia, che ha chiuso il bilancio 2018 con una perdita di 62,6 milioni (nel 2017 i conti erano in positivo). L'operazione dovrebbe perfezionarsi a ottobre. I fondi puntano a dimostrare il rischio di un'insolvenza. Onorato ribatte con la querela. La tensione nel Tirreno è alta. E ora entrano in campo i giudici.
"Istanza di fallimento": i fondi stranieri all'arrembaggio su Moby-Tirrenia
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