CAGLIARI. Stavolta il motivo è il trasferimento ad altra mansione di un componente del collegio giudicante. Così ecco un nuovo rinvio, l'ennesimo, per l'inizio del processo contro i vertici dell'Eurallumina, accusati di disastro ambientale: il faro della Procura di Cagliari, acceso dal pm Marco Cocco, si era acceso nel 2009 quando vennero rilevati degli sversamenti di sostanze inquinanti.
L'attenzione degli inquirenti si era poi spostata sul "famigerato" bacino dei fanghi rossi, l'immensa area nella quale venivano smaltiti i residui di lavorazione: era emerso uno scenario ambientale devastante, con valori di sostanze tossiche che avevano portato al sequestro. Gli operai non lavorano da allora (ma sono in cassa integrazione, rinnovata per tutto il 2019 in attesa di un riavvio che sembra non arriverà mai) ma gli inquirenti hanno ricostruito un quadro opaco, con dirigenti pubblici che avvertivano l'azienda di imminenti sopralluoghi degli inquirenti. Chiusa l'inchiesta, erano stati rinviato a giudizio Vincenzo Rosino e Nicola Candeloro, rispettivamente amministratore delegato di Eurallumina e direttore dello stabilimento di Portovesme. A marzo del 2016 si sarebbe dovuta celebrare la prima udienza. Ma è iniziata solo la lunga serie di rinvii: il processo, di fatto, non si è mai aperto. Nemmeno ieri, ci si rivede a settembre.
Una decisione che ha fatto infuriare l'attivista Angelo Cremone, che in aula ha gridato allo scandalo: "Una vergogna. La presidente del collegio, quando ho fatto notare che non è possibile che in tanti anni questo processo non sia nemmeno iniziato, ha detto: sono d'accordo con lei".