CAGLIARI. Questo canale dovrebbe ospitare articoli che parlano di nuove tecnologie, di progresso, razionalità e scienza ma, in giorni come questi, è davvero difficile farlo. E probabilmente suona anche inutile e anacronistico. Fino al mese scorso pensavamo infatti di poter vivere in una “bolla occidentale” di progresso in grado di avvolgere paesi e popoli che non avrebbero mai commesso i gravi errori del secolo scorso.
Ci consideravamo, erroneamente, cittadini di un moderno continente europeo in pace. Un continente il cui problema principale, nell’immediato futuro, fosse rappresentato dal poter finalmente cooperare tutti insieme a costruire un futuro migliore per poter uscire dalla lunga crisi economica e sociale causata dal virus Covid e dalla pandemia di questi ultimi anni. Invece ci ritroviamo tutti, nell’arco di pochi giorni, scaraventati improvvisamente in questo presente assurdo fatto di morte, odio, follia e guerra. Orribili presagi di un futuro ancora più oscuro.
Siamo qui ad assistere, quasi impotenti, all’insorgere progressivo di ben 3 guerre diverse in Ucraina, tra loro strettamente interconnesse e mutuamente dipendenti, guerre che vengono combattute contemporaneamente e parallelamente nel continente Europeo, appena fuori il nostro giardino dietro casa.
LA GUERRA DEGLI UOMINI.
La prima di queste 3 guerre è quella più reale, brutale e mortale. È la guerra che viene combattuta dagli uomini che lottano e muoiono, realmente, sui campi di battaglia. E, come tutte le guerre, contiene parole di morte, odio, follia militare e gesti quotidiani di lotta tra esseri umani che sappiamo in grado di compiere azioni di viltà e codardia ma anche atti di generosità ed eroismo.
Risuonano parole antiche e gravi, dentro questa guerra e dentro ogni guerra. Parole che non pensavamo di dover più pronunciare alle nostre latitudini. Parole a cui si aggiunge un’altra parola: “Russia”.
Messe tutte insieme queste parole sembrano uscire dalle pagine di un grande classico della letteratura come “Guerra e Pace” dello scrittore russo “Lev Nikolàevič Tolstòj” Un vasto romanzo che il suo autore iniziò a scrivere dopo la guerra di Crimea, nel 1856. Romanzo con una trama avvincente e in grado di fondere personaggi storici e di fantasia, durante avvenimenti e fatti reali legati alla Russia, nel decennio che precedeva l'invasione napoleonica del 1812. Sono certo che molti lo abbiano letto e lo conoscano bene Guerra e Pace. Come sono certo che non esista nessuno fra noi che non ne abbia almeno sentito parlare. Perché quel romanzo rappresenta il capostipite di un nuovo genere di narrazione letteraria, via ibrida tra racconto di finzione, romanzo d’azione, saggio sociologico e storico sulla natura della guerra, del potere politico, della storia e della storiografia.
Non dobbiamo quindi stupirci se le parole di guerra da sempre accompagnano il racconto della storia del genere umano. E nemmeno ci stupiamo se le parole delle cronache attuali dei media che ci parlano oggi della guerra in Ucraina sono esattamente le stesse che leggiamo in Guerra e Pace a proposito della Russia di inizio Ottocento. Ci stupisce forse molto di più il fatto che parole identiche si ritrovino però nei romanzi di fantascienza “distopica” scritti dai nuovi autori contemporanei russi come Vladimir Georgievič Sorokin. Per questo motivo non vi invito a rileggere Guerra e Pace, perché sarebbe troppo semplice.
Vi chiedo invece di leggere un romanzo di Sorokin intitolato “La giornata di un Oprichnik” che nel 2006, l’anno in cui venne scritto, ipotizzava la nascita nel suo Paese e nell'arco dei successivi venti anni di un potente stato nazionalista e neo-Zarista. Perchè questa potrebbe purtroppo essere proprio la Russia che ci dovremmo aspettare nel prossimo futuro.
Sorokin immaginava infatti il risorgere di una nuova grande “Madre Russia” dalle ceneri del dopo guerra fredda. Una potenza economica e militare guidata nel prossimo futuro (il romanzo è ambientato nel 2027) da un dittatore folle a capo di una élite di potenti oligarchi, con un regime militare e una polizia segreta al proprio servizio. Un regime dittatoriale pronto a sospendere qualsiasi diritto civile entro i propri confini, infierendo innanzitutto contro i propri cittadini, con esecuzioni brutali, assurdità e abusi di potere di ogni genere. Essa, secondo l’autore, rappresenterà il risultato finale di una corsa sfrenata iniziata alla fine degli anni ’90 e tendente alla conquista e occupazione militare sovietica delle repubbliche Baltiche e degli stati confinanti, Ucraina compresa, con lo scopo di ricostruire l'impero sovietico scomparso.
Una folle corsa russa di conquista, quella descritta dentro il libro, che sembra voler citare la strada intrapresa da Putin, senza mai nominarlo. Strada di conquista e potere egemonici in nome dei quali il regime dittatoriale che nel libro governa questa Nuova Russia arriverà addirittura ad erigere un “Grande Muro”, esteso dall'Europa attraverso il Caucaso e fino ai confini della Cina, per proteggersi e porsi in totale e definitivo auto-isolamento dal resto del mondo civilizzato. Il mondo esterno che viene visto solo come un nemico da contrastare e abbattere in modo radicale e definitivo. Ecco che questo romanzo, visto con gli occhi disillusi di questo nostro presente di guerra, appare opera letteraria tristemente profetica e rappresenta un catastrofico presagio di morte in grado di distruggere ogni nostra utopia di pace e speranza nell’Europa del futuro.
Se leggiamo il libro di Sorokin le sue pagine profetiche sulla Russia ci assalgono e fanno il paio con tutte le news e le immagini, che vediamo diffuse oggi dagli schermi attraverso vecchi e nuovi media che parlano di guerra e Ucraina. E noi assistiamo attoniti e impotenti allo svolgersi di questa guerra assurda che racchiude e ricorda altre guerre. Guerra antica e moderna al tempo stesso. Guerra brutale d’altri tempi, combattuta con eserciti e armamenti di tipo tradizionale anche se tecnologicamente talmente avanzati da essere centinaia di volte più letali.
Una guerra dove il moderno epigone del dittatore russo del libro di Sorokin viene impersonato, nella realtà e con perfetto “phisique du role”, proprio da un Vladimir Putin che sembra perseguire l'idea di soddisfare, conquistando l'Ucraina militarmente con una guerra lampo, la propria sete di dominio e rivalsa verso l'Occidente. Ipotizzando anche di riuscire a farlo con ben poco spargimento di sangue, con il consenso del popolo e sotto gli occhi stupiti e in parte indifferenti, quando non conniventi, del resto del mondo.
Ma questa visione non solo si rivela errata e folle quanto il futuro distopico di Sorokin ma, grazie alle azioni tutt’altro che razionali di questo nuovo presidente/dittatore russo, essa rappresenta il fulcro iconografico di un “neo-suprematismo” sovietico, fuori dal tempo e fuori dalla Storia, che nulla contiene del progresso o dell’avanguardia dell’omonimo movimento artistico, nato proprio in Russia nel 1915, da cui purtroppo deriva questo termine oggi utilizzato con ben diversa accezione.
Mi scuserete se utilizzo questa analogia rapportando tale avanguardia artistica del passato con la terminologia moderna che utilizziamo per chi teorizza la supremazia, anche razziale, di un essere umano su un altro. Lo faccio soprattutto per porre l’accento sul temibile cortocircuito che unisce questo nostro tempo con l’inizio atroce di un altro secolo. Il primo ventennio del ‘900.
Perché il gesto della nuova Russia, che viene armata oggi da Putin, scaraventa tutta l’Europa indietro non solo di decenni, fino agli anni del post seconda guerra mondiale e della guerra fredda, ma molto più in là nel passato. Putin purtroppo ha riportato indietro la storia dell'Europa di oltre un secolo.
Un incredibile desiderio di conquista dell’Ucraina con una moderna “BlitzsKreig” (azione che, in scala territoriale ben minore Putin è già riuscito a compiere con la recente occupazione della Crimea) che ci catapulta nei fatti di guerra della lontana memoria dei nostri bisnonni. Applicando schemi tipici delle sanguinose battaglie dell’Ottocento o dell’inizio del secolo scorso. Battaglie dopo le quali l’unica cosa possibile, per chi sopravvive, era e rimane quella di fare una mesta “conta dei corpi”.
Questa logica di supremazia militare di Putin, a mio avviso, ci riporta indietro almeno fino all’anno 1914 e all'inizio del primo conflitto mondiale. La guerra lampo di Putin sembra simile alla prima battaglia francese sulla Marna, combattuta in soli 7 giorni, con centinaia di migliaia di uomini concentrati in una piccola area compresa tra le paludi di Gond e i fiumi Marna e Mosella. A un soffio dalla capitale assediata di Parigi. Una battaglia a cui seguiranno purtroppo centinaia di migliaia, milioni di morti, da ambo le parti durante gli anni successivi e tragici trascorsi in una dilaniante guerra di posizione e di trincea che venne combattuta con armi convenzionali e non. Gas chimici compresi. Si tratta di luoghi comuni e tecniche militari che appaiono tristemente simili fra questi due secoli.
E trasformano qualsiasi idea di supremazia di un popolo su un altro nella lenta e disumana deriva del senso comune, e della civiltà. Deriva fatta di un avanzare quotidiano degli eserciti che si fanno lentamente strada sul terreno, in mezzo al sangue e ai cadaveri, tra le macerie di case, monumenti, ospedali e chiese.
Deriva del senso causata dalla demenza senile dei potenti. Deriva per cui ci saranno giorni, settimane, mesi o forse anni di combattimenti nella neve e nel fango, per stringere d’assedio, bombardare e conquistare una città alla volta, uccidendo militari e civili, ogni giorno, per molti giorni e sui molti fronti contemporanei che oggi vediamo in Ucraina.
Questa demenza senile dei potenti è quello che ci circonda in questi giorni orribili che stiamo vivendo. Questo sembra il brutto futuro che ci attende ai confini della nostra Europa. E diventa difficile, forse impossibile, per noi contemporanei analizzare o contestualizzare realmente, in modo razionale, se ci possano essere radici diverse dall'insanità mentale, se possano ammettersi motivazioni razionali più profonde dietro queste recenti gesta di Putin e la sua idea di una nuova Russia, capofila di questo impero d'Oriente che muove in armi contro l’Occidente.
Cerchiamo un motivo razionale, nella follia della guerra, anche perchè siamo consci che esistano molte azioni dell’Occidente che hanno creato instabilità e desiderio di rivalsa da parte di altri paesi che ci vedono come un nemico, ovunque nel mondo.
Molte azioni compiute dalle democrazie occidentali più potenti hanno come denominatore comune la costante ingerenza, economica, finanziaria e anche armata della nazione più forte su quella più debole. Molte di queste azioni sono state compiute negli ultimi 70 anni dagli Stati Uniti. Ma potremmo trovare infiniti errori di strategia militare e geopolitica anche nelle azioni dell'Unione Europea, della NATO e delle Nazioni Unite, azioni reiterate anche in questi ultimi decenni di post guerra fredda seguiti alla caduta del muro e al discioglimento dell’URSS. Si tratta di errori dovuti anche all’assenza di politiche e strategie di pace realmente condivise, compiuti sotto la diretta o indiretta responsabilità politica di potenti in preda a varie forme di demenza senile, tra questi anche politici e governanti del nostro Paese e del resto dell'Europa, insieme a quelli delle amministrazioni USA che si sono succedute in tutti questi decenni dopo la seconda guerra mondiale.
Errori compiuti dai governi delle nostre democrazie “sclerotizzate” che sembrano aver comodamente delegato qualsiasi azione reale di difesa della democrazia in Europa o nel mondo (insieme ai propri doveri e diritti) alla comoda e rassicurante presenza della supremazia militare statunitense all’interno del Patto occidentale.
Si tratta comunque di un argomento che comporterebbe una riflessione profonda sulle azioni di guerra in tempo di pace, che sono guerre anche esse, seppur combattute con armi diverse. Armi in mano al capitalismo e neo-liberismo che imperversano incontrastati da decenni nel mondo occidentale e hanno creato infrastrutture di egemonia e dominio economico e finanziario che sono ordigni letali per molti popoli. Non essendo certamente all’altezza di una simile analisi vi invito a leggere un interessante opinione del noto filosofo Franco Beradi Bifo sulle ragioni storiche del conflitto fra Occidente e Russia che parla dei tanti errori che hanno preceduto questa situazione. L'autore la definisce come una progressiva “demenza senile” dell’Occidente, in questo articolo: LINK
Ma, anche quando dietro tali logiche di guerra in nome della rinascita di una nuova “grande madre Russia” esistessero radici storiche profonde e motivi reali, alimentati da tali gravi errori di geo-politica economica, di valutazione e strategia commessi da tutto l’Occidente negli ultimi decenni, credo che questa quotidiana e sanguinosa conta dei corpi in Ucraina trasformi qualsiasi pretesa della Russia, anche lecita, in un pretesto assurdo agli occhi di tutti quelli come noi che speravamo in una Europa finalmente in pace.
LA GUERRA DELLE MACCHINE
La guerra delle macchine rappresenta, nell’immaginario collettivo, la guerra definitiva del nostro futuro. Molte delle guerre contemporanee sono fatte anche di battaglie portate avanti con armamenti elettronici e digitali. Nella guerra in Ucraina vengono utilizzate, da ambo le parti, tecnologie informatiche e armi digitali di questo tipo.
Sui media si è ad esempio recentemente diffusa la notizia di centinaia di attacchi informatici contro i siti governativi russi che in questi giorni vengono portati avanti dal noto collettivo Hacker “Anonymous” che ha pubblicamente annunciato di aver dichiarato guerra al “dittatore e criminale Putin”.
Molti di questi attacchi hanno avuto successo e alcuni siti governativi russi sono andati fuori servizio. Anonymous ha anche rese pubbliche le credenziali di migliaia di utenti dei sistemi informatici del ministero della difesa Russo. Ne abbiamo dato notizia anche qui su YouTG.net in questo articolo. LINK
Una offensiva digitale e informatica pur operando attraverso azioni “immateriali” ha comunque pesanti risvolti materiali nella vita e nella guerra reale. La dichiarazione di guerra di Anonymous, ha dato il via ad una vera e propria contro-offensiva digitale, portata avanti da altri gruppi di Hacker mercenari più o meno occulti che si dice operino al servizio di organismi governativi russi, nell’intento di colpire con le stesse armi informatiche i sistemi tecnologici e le infrastrutture critiche dei paesi occidentali. Tra queste armi si è recentemente diffuso in tutta Europa e anche in Italia un malware denominato HermeticWiper
Di tutti i rischi connessi alla Cyber Sicurezza, legati alla situazione in Ucraina, sta dando ampio risalto in Italia anche l’Agenzia per la CyberSicurezza Nazionale di recente fondazione, attraverso il CSIRT (Computer Security Incident Response Team)
Questo tipo di azioni aggressive Cyber rappresentano quindi la nuova frontiera della guerra elettronica. Una frontiera dove, qualsiasi sistema informatico governi delle infrastrutture critiche, militari e civili, in territorio nemico può essere conquistato dall’avversario, oppure messo fuori uso e distrutto attraverso un attacco cibernetico e digitale. Attacchi immateriali ma in grado di recare gravi danni materiali al pari di quanto non si possa fare con un attacco con eserciti e armamenti tradizionali o con bombardamenti aerei o missilistici.
Queste moderne guerre elettroniche talvolta ci sembra possano essere meno cruente di quelle tradizionali perché si immagina possano fare a meno degli uomini dispiegati sul campo in quanto combattute con le macchine o attraverso le macchine. Ma in realtà non è mai così. Perché non esiste e probabilmente non esisterà mai una guerra delle macchine che possa essere meno cruenta della guerra degli uomini. Ogni macchina può essere sempre strumento mortale se posta in mano ad un essere umano. E l’intelligenza degli uomini unita al progresso tecnologico è sempre in grado di trasformarsi nella più pericolosa delle armi.
Il discorso è quindi valido per qualsiasi strumento forgiato grazie alla conoscenza e alla tecnologia del proprio tempo, che giunga in mano ad un essere umano con intento omicida. Con tali presupposti qualsiasi strumento diventa una micidiale “macchina” pronta per la guerra. Noi uomini evolviamo di macchina in macchina, anche passando da uno strumento mortale all’altro. Si tratti dell’invenzione della clava o della selce scolpita a punta di freccia, del metallo forgiato e usato come lama dai nostri lontani antenati fino alla scoperta della polvere da sparo per giungere infine ai nostri modernissimi tank o agli invisibili caccia supersonici “stealth”, ai sommergibili a propulsione nucleare e ai droni armati con guida remota, ai satelliti militari e ai missili balistici intercontinentali.
Sarebbe anche restrittivo intendere con il termine di guerra elettronica o cibernetica soltanto le guerre combattute per via informatica. Perché sono ormai macchine elettroniche evolute a tutti gli effetti anche i mezzi meccanici o gli armamenti tradizionali che diventano sistemi elettronici “con intelligenza autonoma“. Alcuni di questi vengono commercializzati pubblicamente anche come sistemi di difesa denominati SPUR (Special Purpose Unmanned Rifle) e altro non sono che unità mobili robotizzate e armate, in grado di essere pilotate da remoto. Unità robot che possono agire al fianco dei soldati umani ma anche muoversi autonomamente per la sorveglianza armata del territorio.
Tutte queste macchine create per la guerra, grazie al progresso della tecnica, però progrediscono insieme a noi esseri umani che progrediamo e spesso ci evolviamo anche grazie a loro. Molte delle tecnologie e scoperte scientifiche più importanti nella nostra civiltà sono state ideate per usi militari e vengono successivamente impiegate per scopi civili.
Per tali motivi nessuna guerra delle macchine farà mai a meno degli uomini. Nessuna guerra combattuta dalle macchine o attraverso le macchine, anche se si tratta di nuove macchine digitali potrà essere una guerra puramente “immateriale”. Nessun progresso scientifico sarà mai totalmente destinato ad ”usi civili” e nessuno strumento tecnologico, che arrivi in mano all’uomo, potrà essere definito uno strumento naturalmente incolpevole o innocente.
Perché in realtà le macchine, tutte le macchine comprese quelle informatiche, sono armi potenti e in grado di compiere danni enormi. E noi ci ritroveremo, comunque, alla fine di ogni guerra reale o digitale in cui avremmo utilizzato uomini e macchine, a compiere la nostra tragica conta dei corpi.
LA GUERRA DELLE PAROLE
La terza guerra che viene combattuta in Ucraina è certamente quella delle parole. Una guerra che utilizza le forme della comunicazione verbale e visiva per la creazione di immaginari collettivi che possono enfatizzare le proprie doti e distruggere quelle del nemico.
E’ questa certamente la guerra più moderna tra le tre di cui stiamo parlando. Le armi della comunicazione sono la forma e la sostanza più moderna e virtuale di combattimento. La giusta comunicazione può costituire al tempo stesso punto d’arrivo e di partenza per conseguire e celebrare qualsiasi vittoria durante una guerra.
Le armi di una guerra “virtuale”, nel mondo contemporaneo sempre più interconnesso, possono diventare letali quanto quelle adoperate nelle altre guerre di cui ho parlato. E la guerra della comunicazione, in Ucraina, sta operando a pieno regime. Da ambo le parti in conflitto.
Basti citare come esempio la grande lettera Z bianca che vediamo dipinta su tutti i mezzi corazzati russi. Essa, oltre a costituire un elemento di immediato riconoscimento per evitare il fuoco amico, è diventato un forte simbolo visivo della comunicazione durante la guerra. Secondo l’interpretazione fornita dallo stesso Ministero della Difesa starebbe ad indicare anche l’iniziale della frase “Za Pobedu” che in russo significa appunto “per la Vittoria”.
Una semplice lettera che diventa importante simbolo della comunicazione in tempo di guerra. Tanto da divenire oggetto di merchandising e anche elemento di rivendicazione di una appartenenza e di un consenso, verso la Russia di Putin che invade l’Ucraina. Moto di consenso che appare ancor più preoccupante se lo si vede esposto sulle maglie degli atleti durante le competizioni internazionali. Come avvenuto in questi giorni nella premiazione dei mondiali di ginnastica a Doha nel corso della quale il ginnasta russo Ivan Kuliak è stato sanzionato dalla Federazione Internazionale per aver indossato, con fare sarcastico sul podio e di fronte ad un altro atleta ucraino, una maglia con il simbolo Z in bella vista.
Ma in realtà non è la Zeta bianca russa ad essere la vera arma vincente usata in questa guerra virtuale. Perchè la comunicazione del governo Ucraino si sta rivelando essere un'arma ben più efficace in quanto simboleggiante sete di verità e libertà. Ed è, quella Ucraina, una comunicazione condivisa che viene usata nel modo migliore, sincero e certamente più consapevole di molte delle fake news di regime che arrivano dal fronte avversario.
Tra i modi aperti, liberi e consapevoli di utilizzo dell'informazione e della comunicazione dalla parte dell'Ucraina è certamente degna di nota la recente creazione della piattaforma WARCRIMES.gov.eu
Nel video che accompagna il servizio potete vedere Irina Venediktova, il procuratore generale Ucraino, dichiarare che “la punizione futura di Putin è importante quanto la resistenza e la speranza Ucraina di porre fine ad un conflitto che vede un intero popolo opporsi quasi a mani nude contro un avversario enormemente più potente, che agisce in modo barbaro e sanguinario”
La Venediktova pronuncia con fierezza queste frasi mentre annuncia la messa online del sistema warcrimes.gov.ua che diventerà un vero e proprio hub in grado di contenere tutti i documenti digitali e materiali multimediali costituenti prove dei crimini di guerra compiuti da Putin e dai russi sotto il suo comando. Prove che non potranno mai essere distrutte, nemmeno in caso di totale disfatta del governo Ucraino.
Questa piattaforma rappresenta infatti il primo esempio occidentale di sistema governativo de-territorializzato. Perchè ospitato su server “cloud” esteri non dislocati in terreno Ucraino. Un sistema attraverso il quale il governo di Kiev sta organizzando, in modo collaborativo, la raccolta di prove dei crimini di guerra commessi dalla Federazione Russa.
Il sistema negli intenti del governo Ucraino verrà messo a disposizione di tutte le agenzie internazionali che saranno chiamate a valutare l’operato criminale di Putin dopo questa guerra.
In qualsiasi modo questa guerra finisca, l’Ucraina risulterà aver comunque vinto la sua lotta di libertà della comunicazione contro un invasore potente e vincente che, come avvenuto in qualsiasi guerra precedente, cercasse di distruggere a posteriori le prove della sua aggressione. Per capire l'importanza di questo sistema è sufficiente immaginare un sistema simile, alimentato dalle testimonianze in prima persona di tutti i cittadini dei territori europei occupati dalla Germania nazista, comprese le testimonianze di tutti gli ebrei, mentre vengono deportati e prima della loro scomparsa. Sarebbe stata una informazione dirompente quanto la pubblicazione degli atti di un processo di Norimberga, che vengano resi visibili in tempo reale agli occhi del mondo intero non dopo ma durante la guerra stessa e mentre i misfatti si compiono.
Ma questa piattaforma digitale non è certamente l’unico elemento strategico nella guerra di comunicazione che vede l’Ucraina vincente agli occhi del mondo. Un altro elemento sono le persone, i civili e anche i militari Ucraini che, a differenza di quanto avvenuto ai loro colleghi russi, sono stati lasciati liberi dal governo Ucraino di utilizzare i propri cellulari e smartphone personali anche nelle zone di guerra, per documentare raccontando in tempo reale, sui social con video e immagini, quanto accade realmente sul campo.
Si tratta di immagini e racconti crudi e in presa diretta, senza filtri, che stanno inondando tutti i sistemi di messaggistica e i social network occidentali. Un esempio fra tutti è rappresentato dal proliferare di canali telegram aperti e condivisi. Ne cito solo uno tra tanti, denominato WithUkraine24/7 che nell'arco di pochi giorni dalla sua apertura ha raggiunto l'impressionante cifra di oltre 12mila iscritti e pubblica con ritmo incessante e quotidiano centinaia di news, immagini e video provenienti da tutta l'Ucraina.
Stiamo quindi assistendo al proliferare di fonti pluralistiche di "citizen journalism", a cui attingono tutte le maggiori testate nel mondo, e che sono in grado di agire sul campo, su tutti gli scenari di questa guerra, testimoniando la realtà dei fatti mentre accadono, con i loro commenti, con l'uso di obiettivi fotografici e video, come nessuno degli inviati speciali "embedded" delle guerre che hanno preceduto questa, sarebbe mai stato in grado di fare.
Nessuno di noi occidentali dimenticherà facilmente le migliaia di video e di news diffusi in tempo reale sui canali non ufficiali, sui social network e attraverso la rete e i new-media. E non è certo un caso che uno dei più diffusi e utilizzati fra tutti sia proprio Telegram. Il noto sistema di messaggistica inventato, guarda caso, da un giovane russo, Pavel Durov. Telegram è stato concepito non solo per essere totalmente sicuro ma al tempo stesso condiviso, libero e aperto, tanto che il suo creatore si rifiutò di consegnare alle forze dell'ordine filo-sovietiche i dati personali di utenti che erano membri del movimento di protesta Ucraino Euromaidan.
Un movimento pro-Europeo le cui proteste di piazza, iniziate nel novembre 2013 a Kiev, sfociarono nella rivoluzione ucraina del 2014 e si conclusero con la fuga e la messa in stato di accusa del precedente presidente ucraino filo-sovietico Viktor Janukovyč.
Telegram è quindi un sistema che non può essere oscurato o censurato dal regime in Russia, a differenza di quanto successo con Facebook, Whatsapp e altri siti occidentali in quanto si basa su un meccanismo di criptaggio e condivisione P2P dei contenuti e opera attraverso logiche "datagrid” con server distribuiti in tutto il mondo. LINK
Per poter censurare o oscurare realmente un sistema libero, aperto e rivoluzionario come Telegram infatti, l’unica strada tecnologicamente percorribile da Putin, sarebbe il totale autoisolamente della Russia dalla rete internet globale.
La Russia dovrebbe quindi innalzare un grande “muro digitale” abbandonando la rete e rendendo inaccessibili le risorse e i siti web utilizzati nel resto del mondo. Un gesto che seppure possa apparire folle è presente nei piani del regime, dato che lo stesso Putin ha annunciato di voler totalmente disconnettere il suo paese dalla rete internet globale a partire dall’11 marzo. LINK
L’ analogia con il grande muro ipotizzato dallo scrittore russo Sorokin nel suo romanzo di fantascienza di cui vi ho parlato all’inizio, è davvero impressionante. Ecco che le parole e i luoghi della comunicazione, dentro questa guerra assurda reale e anche virtuale, alla fine coincidono e ritornano in un ciclo dove la fine costituisce anche il principio.
Una comunicazione digitale rivoluzionaria, fatta direttamente dalle persone, che entra in gioco nel conflitto durante questa guerra virtuale e potrebbe essere in grado di determinarne le sorti.
Per Putin l'unico modo per evitarlo è uccidere le fonti di comunicazione esattamente come si fermano o si uccidono le persone.
Tra queste persone, che fanno comunicazione, spicca anche la figura divenuta ormai simbolica e rappresentativa di tutto il proprio popolo del presidente ucraino Volodymyr Zelens'ky che, essendo uomo di spettacolo, è anche un abile comunicatore e si è dimostrato fin dall’inizio in grado di utilizzare i social network in prima persona, in un modo che appare non solo sincero ma anche moderno e con un linguaggio immediato, diretto e mai mediato.
Zelensky risulta credibile e sincero non solo agli occhi degli Ucraini ma anche a quelli di tutti noi occidentali, Sincero anche quando i suoi discorsi risuonano di enfasi e retorica nazionalista e lo vediamo mentre incita i propri connazionali alla resistenza fino alla morte per la libertà e la lotta contro l’invasore russo. Questo aspetto di verità auto-rappresentata lo identifica, mediaticamente, come un vincente in un modo che ci appare lontano anni luce dall'avversario personificato da Putin.
Perchè, nell'immaginario collettivo di tutto l'occidente, Putin appare come un “cadavere imbalsamato” che anche quando declama le proprie vittorie e la propria potenza militare appare un perdente. Emblematico esempio di questa comunicazione errata e perdente è vederlo nelle riprese video diffuse dalle televisioni russe allineate al regime.
Viene proposto nelle immagini che ci è concesso vedere sempre come un uomo solo, dentro il Cremlino. Lo vediamo seduto alla sua scrivania o peggio ancora all'estremità del suo tavolo bianco lungo 15 metri mentre dialoga con Macron oppure con altri interlocutori istituzionali. In tutti questi momenti Putin ci appare un uomo vecchio, lontano dal proprio tempo e destinato ad essere sconfitto dalla Storia, anche quando ci parla con le parole di identica enfasi e retorica nazionalista usate dal suo giovane avversario.
In altre occasioni, durante questa guerra, ci viene addirittura mostrato come un evanescente ectoplasma (tanto da far sorgere il sospetto che stia utilizzando banali trucchi da green-screen) come nel recente video in cui lo si vede circondato dalle assistenti di volo della compagnia aerea Aeroflot, nel corso di un meeting promosso in vista della Giornata internazionale della donna.
Qualunque sia la forma di rapprentazione mediatica scelta dal regime, Putin ci appare comunque un perdente dal punto di vista della comunicazione. Anche se sappiamo che la sua potenza militare è tale che certamente vincerà la sua guerra e distruggerà a breve il suo avversario.
Siamo certi che nell'immaginario collettivo dell'Occidente, e anche in quello di parte del suo popolo che ha il coraggio di opporglisi, egli lascerà certamente il segno ma non come avrebbe sperato e voluto.
Per quanto mi riguarda, mi sarà difficile non associarlo ad una sorta di anziano Norman Bates, misogino, psicopatico e necrofilo, che venera il cadavere decomposto della sua "Grande Madre Russia", nascosto in cantina.
Un generale zombie, solo e al comando di un esercito di zombies in grado di distruggere il mondo, come in un horror B Movie di pessima fattura.
Questa credo sia l'immagine ridicola e tragica che la comunicazione del regime, le sue gesta e queste assurde settimane di guerra e di morte di cui lui è causa, consegneranno alla Storia del presidente russo.
La guerra di comunicazione tra Ucraina e Russia, non arma soltanto l’immagine dei due leader contrapposti ma si estende alle collettività e ai popoli che stanno dietro le loro spalle. E, anche in questo contendere aspro, questi due popoli, il popolo Russo e l’Ucraino ci appaiono diversi. Il primo, il popolo russo è un popolo perdente.
Perché qualsiasi cosa succeda in questa guerra il popolo russo avrà sempre perso.
Avrà perso innanzitutto la propria libertà di parola, la stessa che il suo leader ha negato al mondo obbligando al silenzio gli organi di stampa russi e stranieri. E ogni russo, anche dopo aver vinto questa guerra, avrà rinunciato al proprio senso critico, alla capacità di dissenso e di scelta avendo abdicato ai propri diritti e doveri, grazie a Putin, sia verso il proprio Paese che nei confronti del mondo.
Il secondo, il popolo Ucraino, anche nella disfatta totale e imminente, resterà agli occhi del mondo un popolo vincente.
Comunque vada a finire anche senza Telegram e il web, possiamo star certi che l’idea e le parole di libertà che muovono il popolo in Ucraina nel 2022, sono le stesse del 2013. E queste loro idee, nonostante tutto, anche se venissero sconfitte dalla forza brutale della Russia, avranno vinto per noi, che abbiamo occhi occidentali liberi e scevri dal nazionalismo e fanatismo che affligge altri popoli ad Oriente. Sono solo le idee di libertà quelle che risulteranno vincenti agli occhi della Storia e delle generazioni che verranno.