Seguici anche sul nostro canale Whatsapp
CAGLIARI. Limitare le attività lavorative nelle ore più calde, introdurre rotazioni e pause in zone fresche, garantire acqua fresca disponibile, favorire l’acclimatamento, adottare vestiario idoneo, leggero e traspirante. Sono alcune delle disposizioni contenute nelle “Linee d’indirizzo per la protezione dei lavoratori dal calore e dalle radiazioni solari”, approvate dalla conferenza delle Regioni e Province autonome nella seduta del 19 giugno ed ora recepito dalla giunta regionale della Sardegna con un’apposita delibera che ne sollecita la massima diffusione, per il tramite della direzione generale della Sanità, attraverso i servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dei dipartimenti di prevenzione delle Asl sarde.
“Le Linee guida, che nascono da un lavoro del coordinamento tecnico interregionale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, rappresentano un passo avanti importante perché per la prima volta si prende atto ufficialmente di un’evoluzione delle condizioni di lavoro legate ai cambiamenti climatici”, commenta l’assessore regionale della Sanità, Armando Bartolazzi, che sottolinea anche come nel documento vengano riportate indicazioni specifiche per i comparti più critici, come agricoltura, edilizia, comparto logistica, con relative schede di autovalutazione che possono essere di supporto al datore di lavoro nell’attività di valutazione dei rischi in argomento.
Il documento infatti amplia i contenuti generali del Testo unico sulla salute e sicurezza nel lavoro, che disciplina gli obblighi del datore di lavoro in relazione alla valutazione dei rischi correlati ai fattori fisici ambientali, individuando i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione al calore e alla radiazione solare e indicando gli strumenti tecnici di ausilio alla valutazione, da utilizzare nei diversi ambienti di lavoro, sia al chiuso (indoor) che all’aperto (outdoor).
“L’aumento delle temperature causato dai cambiamenti climatici, può avere un impatto significativo sui luoghi di lavoro”, spiega ancora Bartolazzi, “lavorare in condizioni di calore estremo comporta un aumento del rischio di patologie da calore, come dermatite da sudore, crampi muscolari, squilibri idrominerali, esaurimento da calore, fino ad arrivare al colpo di calore, la condizione clinica più grave, che può provocare danni agli organi interni e nei casi peggiori può portare anche alla morte. Per questo è necessario applicare una sorveglianza specifica, avvalendosi di strumenti di valutazione oggi a disposizione come gli indici Hi (heat index), Wbgt (Wet bulb globe temperature), e Phs (Predict Heat Strain) utilizzati per valutare lo stress termico dei lavoratori e riconosciuti dagli standard internazionali”.
Nello specifico, le linee guida elencano una serie di raccomandazioni che riguardano l’organizzazione del lavoro e le misure di prevenzione e protezione per i lavoratori: niente esposizione nelle ore più calde della giornata soprattutto per i lavori all’aperto, frequenti turnazioni, previsione di adeguate tempistiche per l’acclimatamento, utilizzo dei dispositivi per la protezione individuale. Vanno previsti momenti di informazione e formazione dei lavoratori sugli effetti sulla salute dello stress da caldo e dell’esposizione alla radiazione solare, sulle misure di tutela dei rischi specifici e sull’attuazione delle procedure di emergenza. Infine, sulla base della valutazione del rischio, il medico competente effettua la valutazione sanitaria e valuta l’idoneità alla mansione, con particolare attenzione ai soggetti suscettibili.