CAGLIARI. La Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 3 della legge regionale della Sardegna che introduceva la "moratoria" sulla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili per 18 mesi, in attesa dell’approvazione della legge regionale per l’individuazione delle aree idonee. Legge successiva che ha identificato circa il 99% del territorio sardo come inidoneo ai nuovi impianti.
Nel testo della sentenza della Corte Costituzionale si legge che le disposizioni regionali impugnate, “pur finalizzate alla tutela del paesaggio, nello stabilire il divieto di installare impianti alimentati da fonti rinnovabili, si pongono in contrasto con la richiamata normativa statale che, all’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, reca principi fondamentali che, in quanto tali, si impongono anche alle competenze statutarie in materia di produzione dell’energia”. Lo scenario che si prospetta è dunque esattamente quello che molti rappresentanti dei Comitati contro la speculazione energetica e molti sardi temevano. Una analoga bocciatura di incostituzionalità potrebbe infatti presto arrivare anche sulla legge regionale sulle aree idonee, prontamente impugnata dal Governo Meloni lo scorso gennaio. Nell'opinione pubblica in Sardegna, almeno a giudicare dai molti interventi sui social media, comincia a diffondersi la convinzione che siano state sbagliate, scorrette e infelici le mosse del Consiglio Regionale e della Giunta Todde che hanno deciso di privilegiare questa legge controversa e tacciata di incostituzionalità, ignorando deliberatamente strade alternative rappresentate dal dialogo e confronto con le proposte di alcuni Comitati o da una diversa proposta di legge come la "Pratobello", iniziativa popolare sostenuta dalle firme di oltre 200mila sardi.