CAGLIARI. La Sardegna è la regione italiana in cui il primo figlio arriva più tardi (in media a 33 anni) e anche quella con la proporzione più alta di nati da genitori non coniugati: sono il 49,3%, dato che supera anche la media del centro-nord che ha la quota più elevata. Nell’Isola si registra anche la percentuale più bassa di nati con cittadinanza straniera (il 4,4% contro il 24% dell’Emilia-Romagna). I dati emergono dall'ultimo rapporto Istat sulla natalità, che segnala ancora un record negativo: nel 2021 i nati a livello nazionale scendono a 400.249 i nati, facendo registrare un calo dell’1,1% sull’anno precedente (-4.643). La denatalità prosegue nel 2022. Secondo i dati provvisori di gennaio-settembre le nascite sono circa 6 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2021. E la pandemia sembra aver accentuato questo calo inarrestabile.
Intanto la fecondità delle cittadine italiane è al minimo storico. Nel 2021 il livello di fecondità delle donne tra 15 e 49 anni è valutato con un valore medio di 1,25 figli (1,24 nel 2020), si tratta di una modesta ripresa che segue un lungo periodo di diminuzione in atto dal 2010. La Sardegna continua a presentare il valore più basso (0,99), anche se in lieve ripresa rispetto al 2020. In media in Italia si diventa madri a 31,6 anni, ma in Sardegna si tarda di più: il primo figlio arriva a 33 anni.
L’evoluzione della natalità è fortemente condizionata dalle variazioni nella cadenza delle nascite rispetto all’età delle madri. In questo scenario è interessante osservare come abbia agito la crisi sulle scelte riproduttive di una popolazione che diventa genitore sempre più tardi. Nel periodo gennaio-ottobre 2021 la contrazione dei nati riguarda soprattutto le giovanissime (-9,7% per le donne fino a 24 anni) e le età più avanzate da 45 anni in poi (-18,3%).