CAGLIARI. Hanno sollevato un vespaio di polemiche le dichiarazioni dell'assessore al Turismo Gianni Chessa, durante il consiglio comunale di Dorgali, riferite ai dipendenti regionali in smart working: ""Chi ha messo i dipendenti pubblici in smart working, a casa? Sapete che fanno una percentuale di lavoro irrisorio, non possono essere controllati: è chiaro che c'è un rallentamento, se si lascia la gente a casa", ha detto Chessa, per poi aggiungere: "Io e il mio staff siamo qua, in ufficio, non abbiamo saltato un solo giorno. Perché gli altri devono stare a casa? Manca il personale che faccia le pratiche, e lo scotto lo paga il cittadino a cui servono i soldi. L'impiegato ha i soldi, alcuni ci hanno preso gusto a stare a casa".
Si sono sollevati i sindacati, è arrivata la presa di posizione critica del presidente del suo partito (il Psd'Az) Antonio Moro, e anche l'attacco dalle opposizioni (qui la notizia). Così Chessa ha inviato un comunicato, per cercare di spiegare la sua posizione, smussare gli angoli e chiedere scusa. Eccolo.
Scrivo queste righe per rappresentare a tutti i dipendenti della Regione Sardegna il mio profondo rammarico per le parole che ho utilizzato nel corso della seduta del Consiglio Comunale del Comune di Dorgali dello scorso 19 aprile. Nutro il massimo rispetto per i dipendenti della Regione e, specificamente, per quelli del mio assessorato, e sono consapevole dei sacrifici e disagi ai quali si sono sottoposti soprattutto nel corso dell'ultimo anno.
Le mie parole erano il frutto non di un mancato riconoscimento del lavoro svolto, ma della frustrazione nel continuare a vedere che, a causa della pandemia, gli uffici sono costretti a lavorare sempre in un regime di emergenza, ciò che comporta necessariamente (ma per cause che non dipendono dall'impegno dei dipendenti) un rallentamento della macchina amministrativa e, quindi, l'impossibilità di raggiungere tutti i risultati che, come Giunta e come Assessorato avevamo programmato. Mi rendo conto che le mie parole sono risultate fuori luogo. Chi mi conosce sa che è nel mio carattere utilizzare spesso espressioni simboliche e colorite, per enfatizzare i miei discorsi. In questo caso, lo riconosco, è venuto fuori un pensiero che non mi appartiene e pertanto ribadisco a tutti le mie scuse.