CAGLIARI. Bancarotta fraudolenta per distrazione, dissipazione e preferenziale: questi i reati contestati, a vario titolo, a dieci sardi coinvolti in una serie di fallimenti che hanno interessato, nel corso degli anni, numerose aziende isolane. Le Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, su delega del pm Giangiacomo Pilia nell'ambito dell'operazione Ghost, hanno approfondito le vicissitudini economiche, finanziarie e societarie che hanno condotto al fallimento - per un ammontare complessivo del passivo di circa 155 milioni di euro - 5 società sarde operanti nel settore dell’edilizia, dei servizi alberghieri e delle case di cura. Tutto è partito dal crac dell'ospedaletto di Quartu.
Le imprese, formalmente distinte, erano in realtà tutte riconducibili ad un unico, informale gruppo societario, composto complessivamente da 14 aziende, al cui vertice figurava un imprenditore iglesiente, Carlo Uda, che, tuttavia, non ha mai ricoperto formalmente ruoli di amministratore all'interno delle società sottoposte al suo controllo di fatto. L'imprenditore, secondo l'accusa, ha fatto uso di numerosi prestanome - nove quelli sino ad ora individuati - per la gestione occulta delle imprese fallite, nel tentativo di evitare di incorrere in conseguenze penali.
Attraverso operazioni infragruppo, con cessione di immobili a prezzi superiori a quelli di mercato, pagamenti preferenziali, la sistematica omissione del pagamento di tributi fiscali e contributivi nonché la falsificazione dei dati di bilancio, l’amministratore “di fatto” del gruppo d’aziende, con la complicità degli altri indagati, sarebbe risultato responsabile della distrazione di disponibilità finanziarie di pertinenza aziendali per oltre 6,5 milioni di euro, utilizzate anche per il pagamento, in proprio favore, di rilevanti compensi, in quanto assunto quale dipendente/consulente da alcune delle società del gruppo.
Il Gip di Cagliari ha emesso quattro ordinanze di custodia cautelare, di cui due in carcere e due ai domiciliari, nei confronti di Uda e di tre complici, questi ultimi accusati di essere consulenti e prestanome dell’amministratore di fatto. Sono Roberto Paoni, Paolo Pomata e Isabella Angarelli (questi ultimi due ai domiciliari).