Video: il trailer del film "Contagion" di Steven Soderbergh
Della diffusione di questo COVID 19 stanno ormai parlando ininterrottamente, da settimane, tutti i mass-media del mondo. E anche noi con YouTG.net, fin dall’inizio di febbraio, siamo stati tra i primi in Italia a diffondere quella mappatura in tempo reale della John Hopkins University che è diventata in poche settimane il punto di riferimento globale per l’evolversi di tutta la situazione. Da allora le cose sembrano molto peggiorate e l’Italia risulta oggi purtroppo essere il 3° paese, dopo Cina e Corea, per dimensione del contagio. Quindi siamo tutti, costantemente, alla ricerca di news riguardo questo strano e nuovo virus, la cui diffusione prosegue in modo esponenziale.
Ovviamente questo diffuso senso di allarme consiglia a tutti di innalzare la soglia di attenzione precauzionale ed è in qualche modo anche giustificato dalla necessità di prevenzione, soprattutto per le istituzioni pubbliche e sanitarie. Ma il panico a cui stiamo assistendo, con notizie di caccia agli untori (che purtroppo ricordano parecchio quelle dei primi anni ottanta, con i media televisivi e cartacei che a caratteri cubitali parlavano di HIV e AIDS, con lo stesso tipo di costante allarmismo mediatico e uso di vocaboli simili: morbo, persone infette, untori, isolamento, pandemia ecc.) forse così giustificato non è.
Anzi, questo genere di news, abbondantemente diffuse attraverso i social e le televisioni, che fanno la conta dei corpi infetti o dei cadaveri e ci raccontano con dovizia di particolari, delle persone in quarantena o degli assalti a farmacie e supermercati , mi sembra facciano parte di atteggiamenti e logiche che giustificabili non lo sono per niente. Meno che mai per i professionisti dell'informazione e della comunicazione.
Rivolgendo il proprio interesse verso qualsiasi cosa faccia audience, il mondo della comunicazione e dell'informazione perde i suoi valori fondanti. Allora, negli anni '80, quei media non resero certo un buon servizio all'informazione corretta e anzi contribuirono a diffondere nell'opinione pubblica il peggior sentire. Alimentando stigma e discriminazione, nei confronti delle persone colpite dal virus, che restano ancora oggi dopo 30 anni fortemente impressi nell'immaginario collettivo molto di più delle corrette informazioni sanitarie o di prevenzione. Per lo stesso motivo mi sembra che anche oggi stia avvenendo qualcosa di simile. Media tradizionali e nuovi media stanno alimentando un flusso frenetico e ininterrotto di informazioni, spesso inutili o poco approfondite, oppure inutilmente reiterate, con azioni e toni che sembrano quelli di una strage imminente del genere umano.
Forse è necessario ribadire che seppure il coronavirus spaventi tutti perché non risulta ancora esserci nessuna possibilità di prevenirne la diffusione, si tratta comunque di un virus non letale e con un tasso di mortalità di poco superiore a quello della normale influenza. Influenza la cui prevenzione sembra essere ben poco efficace e ancor meno diffusa nel nostro Paese, nonostante esistano, a differenza del COVID19, vaccini antinfluenzali efficaci.
Il coronavirus, è il caso di ricordarlo, ha una mortalità stimata intorno al 2%, come ribadito dal CdC (Center for Disease Control) statunitense. Ben lontana da altri virus letali, ad esso erroneamente accomunati, come la “Mers“ mediorientale o la più nota “Sars” che hanno rispettivamente il 34,4 e 9,6%. Senza dimenticarsi del virus Ebola, la cui epidemia in Congo è ancora una emergenza internazionale per l'Oms, emergenza totalmente ignorata dai media occidentali, anche se ha un tasso di letalità stimato intorno al 50%.
La nostra banalissima influenza stagionale invece ha una letalità stimata intorno all'uno per mille. Non troppo lontana da quella del COVID19. E quest’anno, secondo una fonte autorevole come il nostro ISS (Istituto superiore di Sanità) in Italia, durante le 8 settimane di sorveglianza, sono morte 30 persone e si stimano circa 7 milioni di casi attesi (in calo rispetto gli 8 milioni del 2018-2019).
Questo CoVID19 non sembra quindi essere un virus in grado di scatenare un’ecatombe globale anche perché, soprattutto da noi in occidente, quando viene diagnosticato in tempo, in individui non immunodepressi o molto anziani, risulta curabile con una altissima percentuale di riuscita (superiore al 90%). Prova ne sia che in molti pazienti affetti, opportunamente trattati con normali farmaci anti-infiammatori, si assiste ad una veloce regressione, con negativizzazione e guarigione dopo un breve lasso di tempo.
Eppure, intorno a questo virus vediamo fiorire tutto un corollario di tesi catastrofiche tutt’altro che scientifiche. Si tratta di un classico “trend” informativo che sui media rispetta appieno la teoria del “parlarne bene o male oppure a vanvera, purché se ne parli” parafrasando la nota frase «There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about». da “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde.
Tanto che ci sembra quasi essere tutti spettatori del lancio mediatico per l’ennesimo “blockbuster disaster-movie” con fine del mondo imminente. E assistiamo a discorsi, pronunciati con molta enfasi da personaggi e opinionisti noti o meno noti, che sembrano frutto della miglior “letteratura” Sci-Fi o di tante teorie inneggianti al “complotto del nuovo ordine mondiale”.
Si è andati addirittura a gridare alla rivelazione preveggente, rispolverando "The Eyes of Darkness" un semisconosciuto romanzo di fantascienza del 1981, dello scrittore americano Dean Koontz dove si raccontava di un virus letale creato in un laboratorio in Cina e denominato Wuhan-400 , guarda caso sviluppato proprio nella città epicentro di questo coronavirus, giusto per poter dire che questo stia realmente avvenendo come profetizzato. Ma in realtà quel romanzo parlava di un'arma batteriologica ben diversa dal coronavirus, destinata a sconvolgere gli equilibri mondiali. Pensate che lo scrittore nella sua prima stesura chiamò quest’arma virale “Gorki-400”, come la città russa, perché la storia era ambientata in Russia. Nella seconda stesura, realizzata nel 1989 in pieno clima di post-guerra fredda, decise di spostare il tutto in Cina, perché era facile ipotizzare uno scenario futuro in cui potesse arrivare proprio da lì la prossima “minaccia” per l’Occidente.
Il romanzo di Koontz è sicuramente in ottima compagnia, dato che centinaia di altri film e romanzi trattano questo argomento. Cito solo un film abbastanza recente che colpisce per le forti analogie con la situazione attuale: "Contagion" di Steven Soderberg. Un film noto con un cast importante di attori tra cui Matt Damon, Marion Cotillard, Jude Law, Kate Winslet e Gwyneth Paltrow. E' stato presentato a Venezia nel 2011, e racconta di un virus abbastanza simile, chiamato MEV-1, che ha origine a Hong-Kong e colpisce polmoni e sistema nervoso. Quel virus, a differenza del coronavirus, è altamente letale e uccide rapidamente anche la Paltrow che muore dopo i primi sintomi di una banale influenza. Per quanto riguarda invece la letteratura, di romanzi Sci-Fi con lo stesso tema ce ne sono altrettanti (vi invito a scoprirne alcuni in questo bell’articolo sul portale fantascienza.com)
Se quindi è in qualche misura lecito che ci si interroghi tutti sulle origini di qualsiasi virus, è certamente meno lecito dar voce a tesi che, secondo alcuni, dimostrerebbero senza dubbio la sua origine dolosa.
Molte testate italiane, in questi giorni stanno riportando la notizia secondo cui in un documento scientifico condiviso sulla piattaforma Scribd.com (che in origine era pubblicato sul network che permette ai ricercatori di caricare i propri lavori scientifici in pre-print, ovvero il sito ResearchGate, da cui è stato rimosso) si dichiari che il National Biosafety Laboratory di Wuhan sia l’origine di un “virus ingegnerizzato sfuggito al controllo”.
Sulla base di queste voci è stata anche accusata ingiustamente la scienziata Shi Zhengli, finita al centro di una gogna mediatica internazionale, per un suo studio sul “coronavirus dei pipistrelli” che invece sta contribuendo a scoprire la reale origine dell’attuale epidemia.
Insomma, di fronte a questo crescente allarmismo mediatico si arriva al paradosso di citare su molti media, come fonte altamente attendibile, uno studio scientifico la cui maggior fonte sono altri media, molto meno attendibili. In un circuito di autoreferenzialità in cui le fake-news continuano a prosperare. E bisogna purtroppo constatare che sono molti i media italiani che hanno contribuito a diffondere questa teoria non verificata. Eccoli ben in vista nella dettagliata lista pubblicata sul portale di informazione scientifica Open:
- TGCom24 («Scienziati cinesi: “Il coronavirus è uscito da un laboratorio vicino al mercato di Wuhan”»);
- Il Giornale («Cina, il report di due biologi: coronavirus uscito da laboratorio»);
- Rainews (capitolo «Ipotesi di due biologi cinesi: “Coronavirus uscito da laboratorio di Wuhan”»);
- Libero («Coronavirus, la scoperta dei due biologi di Wuhan cambia tutto: “Due laboratori nel mirino”, cosa è successo»);
- IlSicilia.it («Coronavirus, ombre sulla sua nascita: “È uscito da un laboratorio di Wuhan”»)
- Abruzzoweb.it («Coronavirus, scienziati: “È uscito da laboratorio vicino mercato di Wuhan”»);
- Blastingnews («Scienziati cinesi: ‘Il Coronavirus è uscito da un laboratorio di Wuhan’»);
- Silenziefalsita.it («Scienziati cinesi: «È plausibile che il coronavirus sia trapelato da un laboratorio e abbia così contaminato i pazienti iniziali»»);
- Improntaunika.it («Clamoroso, il coronavirus è uscito da un laboratorio vicino al mercato di Wuhan»);
- Meteoweb («Coronavirus, altro che semplici pipistrelli: due biologi avrebbero scoperto da dove è arrivato. La natura non c’entra»);
- Notizie.it («Coronavirus uscito da un laboratorio di Wuhan: l’ipotesi di due biologi»)
- Il Primato Nazionale («“Coronavirus uscito da laboratorio vicino al mercato di Wuhan”. Due biologi cinesi smentiscono Pechino»).
Ed è proprio grazie a Open che possiamo fare luce sulla realtà che appare ben diversa da questa teoria “complottista” e da quanto dice il documento pseudo-scientifico all’origine della stessa. Un documento prodotto da alcuni scienziati della South China University che getta grosse ombre sulle prime fasi di diffusione del coronavirus. E demolirebbe la tesi ufficiale (secondo la quale il virus sarebbe stato trasmesso all'uomo da pipistrelli contaminati venduti in un mercato del pesce di Wuhan) asserendo, a detta dei due biologi Botao Xiao e Lei Xiao che lo hanno pubblicato, che il coronavirus avrebbe avuto invece origine in un laboratorio vicino al mercato della città epicentro dell'epidemia.
La cosa divertente è che questi due biologi, tra le loro fonti, non citano solo altri studi o riviste scientifiche ma bensì alcuni articoli giornalistici (in particolare un articolo del Changjiang Times del 2017 e uno del Thepaper del 2019) accomunandoli ad altri articoli pubblicati su fonti autorevoli come le riviste scientifiche Nature oppure Lancet. Ma se poi si va a leggere si scopre che questi articoli trattano semplicemente del tema, senza offrire pieno sostegno alla loro teoria, e anzi non confermano nemmeno un’altra tesi, pubblicata proprio su Nature dal biologo David Chyranoski, autore di un articolo del 2017, che metteva in dubbio la sicurezza del National Biosafety Laboratory di Wuhan.
Foto: il titolo dell'articolo di David Chyranoski pubblicato su Nature
Concludendo, riguardo l’origine di questo ennesimo virus, di certo quindi si sa solo che, grazie all’analisi genomica, si ipotizza l’esistenza di un’altra specie animale, in cui il nuovo coronavirus, discendente da un ceppo dei pipistrelli, avrebbe avuto origine, effettuando il salto finale nell’uomo.
La presenza di un “ospite intermedio” è cosa assodata e comune anche per la Sars e la Mers. Per il Covid19 inizialmente si è ipotizzato che questi ospiti intermedi fossero dei serpenti, ma questa tesi è stata negata quasi subito dalla comunità scientifica. I due biologi cinesi autori dello studio, pubblicato e poi ritirato, secondo quanto asserito da molte altre autorevoli fonti tra cui gli scienziati italiani del “Patto trasversale per la Scienza” sbagliano anche nel dichiarare che non è possibile che dei pipistrelli della specie “Rhinolophus affinis” abbiano incubato il ceppo da cui ha avuto origine il nuovo coronavirus perché questa specie, su cui si sono fatti test di laboratorio, non esiste in Cina. Ma dimenticano di dire che in Cina esistono altri pipistrelli della specie Rhinolophus sinicus che è dimostrato possano incubare coronavirus ZC45 e ZXC21 (molto simili a SARS-CoV-2).