ROMA. "Dottoressa avanti, si cali le mutande! Faccia quasi per togliersele e poi si giri". Succede nel bagno dell'edificio dove era in corso l'esame del concorso di magistratura. Una "violenza", la definiscono alcune. A denunciarlo è proprio una delle giovani studentesse di legge, aspirante magistrato, Cristiana Sani (di cui pubblichiamo il nome perché ha deciso di fare una denuncia pubblica sul suo profilo social) che racconta l'incredibile "perquisizione" riservata a ogni concorsista che si doveva recare al bagno durante l'esame scritto. "Agli scritti del concorso di Magistratura succede che alcune agenti della Polizia penitenziaria decidano improvvisamente (senza alcun indizio e indistintamente) di rinchiudere una concorsista alla volta in un angolo del bagno e perquisirla - scrive Cristiana - La perquisizione richiede di togliersi la maglia, allentare il reggiseno, calarsi i pantaloni. E tirarsi giù le mutande".
Un episodio che - secondo quanto raccontato dalla giovane - è accaduto a lei e a tutte le altre colleghe presenti. Era già accaduto nel 2014, quando una candidata aveva denunciato lo stesso fatto ai media: E sulla questione si esprime anche Enzo Iacopino, ex presidente dell'Ordine dei Giornalisti: "L’accaduto va oltre l’inciviltà e precipita, a mio avviso, nel codice penale".