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"Mia figlia Virginia suicida per l'anoressia a 16 anni: non accada più": la lettera di un padre sardo

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SAN SPERATE. "Virginia aveva 16 anni ed era una ragazza solare e spensierata. Aveva tante amiche e amici. Eppure ha scelto di morire, si è uccisa il 5 febbraio 2022". 

Inizia così la lettera firmata da un padre, Corrado Volpe, inviata alla redazione del periodico di San Sperate Orticedrus, che fa capo all'associazione che porta lo stesso nome. Sono le parole di un uomo che ha deciso di raccontare la storia della figlia, con epilogo drammatico, "perché di quello che è successo a Virginia se ne deve parlare. Perché quello che è successo a Virginia non accada mai più. Perché se c'è qualcuno che ha delle responsabilità possa prenderne coscienza". 

Sul giornale ci sono le foto di quella ragazza. Bella, con uno sguardo intenso. Che dall'altra parte aveva un abisso che l'ha inghiottita: si chiama anoressia nervosa di tipo restrittivo. 

Tutto, scrive il padre, inizia quando le avevano detto che "era fisicamente inadeguata. Allora lei ha reagito. In modo sbagliato, purtroppo. Quel chiodo fisso l'ha divorata". 

I familiari si accorgono della suq anoressia solo "nell'ottobre del 2020 perché ostentava la sua magrezza indossando abiti lunghi e inappropriati alla sua bellezza fisica. I pasti ormai erano diventati un'agonia". Da allora Virginia si è chiusa in se stessa e non ha fatto più entrare nessuno ad aiutarla. 

 

Il 19 gennaio del 2021 il ricovero d'urgenza, al Microcitemico: pesava solo 39 chili. Viene dimessa il 22 marzo. Ai familiari viene detto che il loro ambiente "l'avrebbe aiutata a completare il suo percorso di guarigione". Invece Virginia è ripiombata nel suo abisso. E non è mai riuscita. 

I familiari hanno cercato di coinvolgerla in una lunga serie di attività, le hanno provate tutte. Ma la dimostrazione che il percorso fosse buio e impossibile arriva quando il padre riesce ad avere accesso al cellulare della ragazza: "Come aprire una scatola nera", scrive Volpe: "Virginia urlava la sofferenza attraverso noi, ma non siamo stati ascoltati". 

I segnali della malattia di Virginia erano tanti, preoccupanti. La famiglia ha cercato di farla ricoverare. "Ci siamo sentiti soli", è l'atto d'accusa del padre, "non si può affidare al singolo genitore l'organizzazione della terapia familiare, fornendo due numeri di telefono da contattare per far attendere una risposta, che peraltro è giunta solo dopo la sua morte". 

Virginia si è suicidata in un bosco. Per lei in ospedale non è stato trovato posto. Il padre scrive quelle righe alla redazione. Perché sa che qualcuno ha sbagliato. E vuole che non succeda più.