CAGLIARI. Un esperimento che unisce la musica tradizionale sarda all’applicazione delle nuove tecnologie. In particolare, si tratta dello spettacolo che ha visto protagonista la performance di Tumbu insieme alle interpretazioni teatrali di Marisa Cau e Monica Serra.
Diretto dalle registe Ilaria Nina Zedda e Claudia Pupillo della Kyberteatro - giovedì 19, nello Spazio Osc di via Newton, 12 - l’esibizione rientra all’interno del progetto Domosc - Domo de sa Cultura dell’Aquilone di Viviana.
Suggestioni e attualizzazioni della musica di tradizione isolana e di improvvisazione, suonata in questo caso da Orlando e Eliseo Mascia, padre e figlio. Creazioni sonore abbinate alle grafiche di Simone Murtas e Marco Quondamatteo, proiettate su un telo semitrasparente posto davanti alla scena a separare lo spazio riservato ai musicisti da quello del pubblico.
Pelli, canne, sugheri, rame, latta e corni marini. Sono stati oltre 22 gli strumenti suonati durante lo spettacolo: dall’affuente a su sulittu, da trimpanu a sa trunfa, ma anche dall’organetto diatonico alle launeddas. Alcuni recuperati, altri ricreati da zero da Orlando Mascia che in questo periodo, attraverso un’accurata ricerca supportata dall’etnomusicologo Marco Lutzu, sta portando avanti il progetto di creare un museo di strumenti musicali sardi a Pula.
Maestro di launeddas e multistrumentista. Mascia padre ha trasmesso la sua passione non solo ai tanti allievi in tutta la Sardegna, ma anche al figlio Eliseo il quale, in particolare con il tamburo, nel corso dei suoi studi e dei suoi viaggi, ha sviluppato uno stile unico e personale. Con una carriera musicale di oltre cinquant’anni alle spalle, la musica sarda lo ha portato più volte a girare il mondo e a collaborare con tantissimi altri artisti, per citarne solo alcuni: Tenores di Neoneli, Elio e Le Storie Tese, Guccini, Ligabue e Angelo Branduardi.