In Sardegna

"Bene la delibera su part-time involontario, ma ci sono criticità": sindacati incontrano assessora Manca

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CAGLIARI. Si è svolto oggi l’incontro tra l’assessora del Lavoro Desirè Manca e Cgil, Cisl e Uil. Sul piatto la delibera contro il part time involontario – accolto genericamente in modo favorevole dagli stessi sindacati – e le diverse criticità riguardanti la delibera approvata lo scorso agosto. Secondo i sindacati ci sarebbero "nodi critici".

“Abbiamo chiesto che le organizzazioni sindacali siano coinvolte negli eventuali accordi tra imprese e lavoratori e lavoratrici – hanno detto i segretari Nicola Cabras, Pier Luigi Ledda e Elena Carta – perché occorre vigilare su una materia, quella contrattuale, che non può certo essere oggetto di intese raggiunte senza la massima tutela per gli stessi lavoratori”. 

È stata portata all’attenzione dell’assessorato anche la possibilità di affiancare in questo percorso politiche formative volte al sostegno e alla crescita delle competenze professionali. Per le risorse dedicate, che non sono tante, e i criteri che si vogliono definire per far sì che la misura produca risultati effettivi: “Si tratta di capire quali categorie e settori si vogliono privilegiare perché i part-time non sono tutti uguali e occorre fare scelte precise, ad esempio quella di dare precedenza a lavoratori e lavoratrici più svantaggiati”.

Per quanto riguarda la scelta delle imprese e dei contratti: “Va da sé che per noi potrà usufruire della misura solo chi applica contratti collettivi nazionali firmati dai sindacati maggiormente rappresentativi e che non potranno essere tollerate situazioni in cui un’impresa trasforma un part m-time in full-time per poi attuare riorganizzazioni e licenziamenti”.

Cgil, Cisl e Uil hanno sottolineato inoltre che il part-time è spesso tale per una scelta dovuta all’assenza di servizi di welfare che si scarica, appunto, sulle spalle dei lavoratori, ma soprattutto delle lavoratrici, sui quali gravano carichi tali da impedirgli di dedicarsi al lavoro a tempo pieno: “Per questa ragione – hanno concluso i segretari – è indispensabile rafforzare le politiche di welfare, ad esempio attraverso la spesa celere dei fondi del Pnrr dedicati alle reti socio-assistenziali e alla diffusione di asili nido e, in più in generale, promuovendo politiche integrate fra i diversi assessorati per garantire interventi strutturali”.

I sindacati hanno poi fatto sapere i dati del part-time in SardegnaIl peso dei contratti a tempo parziale è più elevato rispetto alla media nazionale: secondo il rapporto Crenos, nel 2024 la quota di part time tra il totale degli occupati è del 21,4 per cento contro la media nazionale del 17,1 per cento. Se si prende in considerazione il dato del lavoro femminile la percentuale sale al 36 per cento (sei punti in più della media nazionale). Secondo dati Inps, il 41% dei 374 mila 525 lavoratori e lavoratrici dipendenti nel privato (escluso il settore agricolo), ha avuto nel 2023 almeno un contratto part-time (nel resto d’Italia il dato è 33%). Il dato, per le donne, sale al 58% (fra gli uomini si ferma la  27%), doppiamente penalizzate, sia sul tempo parziale che nei contratti a tempo determinato (56% contro il dato maschile del 39%).

Le ripercussioni salariali sono importanti: se il salario medio lordo annuo in Sardegna è di 17 mila 642 euro (contro il 23 mila 622 euro nazionali), i lavoratori e le lavoratrici part-time percepiscono in media 10 mila 929 euro, che scendono a 7.365 euro dei precari e addirittura 6.084 degli stagionali. Non a caso, i part-time meno pagati sono quelli delle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione. In generale, sull'esiguità delle buste paga incide anche il ricorso a contratti pirata. 

La Sardegna si distingue anche per la maggiore incidenza del part-time involontario, ovvero la percentuale di occupati che dichiarano di svolgere un lavoro a tempo parziale perché non ne hanno trovato uno a tempo pieno. Secondo il rapporto Bes – Istat, nel 2024 la Sardegna, seconda solo alla Sicilia, conta il 13% di part-time involontario, contro una media nazionale dell’8,5%. Anche in questo caso, le donne sono le più colpite: il peso del part-time involontario supera il 21%, a fronte del 6,9% maschile, dato sensibilmente superiore a quello medio nazionale, rispettivamente, 13,7% e 4,6%.