Culture

A Oristano e provincia fino a Ferragosto il festival Dromos: ecco il programma

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CAGLIARI. Dopo l'anteprima sabato alla Pinacoteca comunale "Carlo Contini" di Oristano con l'inaugurazione della mostra "68/Revolution - Memorie, nostalgie, oblii", a cura di Chiara Schirru e Ivo Serafino Fenu, il festival Dromos, in programma fino al 15 agosto tra la città di Eleonora e altri undici centri della sua provincia (Baratili San PietroBauladuCabrasFordongianusMogoro,MorgongioriNeoneliNureciSan Vero MilisUla TirsoVilla Verde) entra nel vivo della sua ventesima edizione; un'edizione che, sotto il titolo "DromosRevolution", celebra una doppia ricorrenza: da un lato, le prime venti candeline del festival, e, dall'altro, il cinquantenario del 1968, anno cruciale e che tanti e profondi cambiamenti ha innescato nella società, nel costume, nella cultura. 

Il ricco cartellone si apre  OGGI (lunedì 30 luglio) con due diversi appuntamenti: il primo è alle 18.30 a Oristano, nel giardino interno del Centro per l'Autonomia di Oristano presso l'Ospedale Vecchio in piazzale San Martino, dove va in scena "(R)evolution ovvero matti da (s)legare": una piéce che ha per protagonisti una famiglia, una zia matta da (s)legare e un matrimonio. Un excursus temporale - a quarant'anni dalla legge di riforma psichiatrica Basaglia che ha sancito la chiusura dei manicomi in Italia - che parte dagli anni '40, attraversa il '68, passa per gli anni Ottanta e approda al nuovo millennio, per raccontare, con molta ironia, come l'originalità di una persona possa far paura e produrre sofferenza ed emarginazione, se viene contrastata, e come possa invece permettere la nascita della creatività e del genio se protetta e valorizzata. Prodotta in collaborazione con il Centro per l'Autonomia, Servizio del PLUS Distretto di Oristano, ASL e Coop. Soc. CTR Onlus, Teatro Tragodia di Mogoro, "(R)evolution ovvero matti da (s)legare" è interpretata da utenti e operatori del Centro per l'autonomia di Oristano. Firma il testo Carmen Porcu, adattamento e regia sono di Virginia Garau con l'aiuto alla regia di Caterina Peddis.

Il secondo appuntamento della giornata d'apertura è alle 21.30 a una ventina di chilometri da Oristano, a San Vero Milis: nel Giardino del Museo Archeologico, proiettori accesi per il primo dei tre film della rassegna cinematografica "Gli anni '68" a curata dall'Associazione Lampalughis. In programma "Assalto al cielo", un documentario del 2016 di Francesco Munzi con immagini d'archivio del decennio 1967-1977. La serie di proiezioni proseguirà domenica 5 agosto con "Qualcosa nell'aria" ("Après mai"), film del 2012 del regista francese Olivier Assayas: protagonista della storia, ambientata in alcuni anni dopo il '68, è Gilles, un liceale che abita in una località nei dintorni di Parigi e che sperimenta insieme ai suoi coetanei l'impegno politico militante. A chiudere la rassegna, il 12 agosto,"Lavorare con lentezza", film del 2004 di Guido Chiesa, sceneggiato dal regista con Wu Ming, e ambientato a Bologna nel 1976, poco dopo l'inizio delle trasmissioni di Radio Alice, libera emittente di intervento politico militante e di innovazione mediatica.

I CONCERTI • Il fitto calendario dei concerti di Dromos si apre invece martedì 31 luglio (ore 21.30) alle antiche terme romane di Fordongianus (new entry nel circuito di Dromos) con Bokanté, progetto creato da Michael League, già fondatore e leader della band di jazz-fusion americana Snarky Puppy; un progetto che affonda le radici tra il Delta del Mississippi e il deserto africano riunendo sotto la sua insegna otto musicisti provenienti da quattro continenti che portano sul palco le rispettive esperienze e tradizioni. Insieme a Michael League (che per l'occasione lascia il suo basso a favore della chitarra baritono) altri due Snarky Puppy, i chitarristi Chris McQueen e Bob Lanzetti, la cantante Malika Tirolien, originaria dell'isola caraibica della Guadalupa, il virtuoso della pedal steel guitar Roosevelt Collier e i percussionisti Jamey Haddad, André Ferrari e Keita Ogawa.

L'evento è presentato in collaborazione con il ventisettesimo Simposio internazionale di Scultura su Pietra Trachite di Fordongianus, in programma dal 28 luglio al 5 agosto: una manifestazione durante la quale un gruppo di artisti provenienti da diverse nazioni, lavorano, sotto lo sguardo interessato degli spettatori e dei turisti, nello splendido scenario racchiuso tra le antiche terme romane e il fiume Tirso, un masso di trachite, la pietra locale, fino alla sua trasformazione in opera d'arte. 

Mercoledì primo agosto il festival approda all'Anfiteatro di Tharros, il nuovo spazio per lo spettacolo allestito nella cornice esclusiva del sito archeologico sulla penisola del Sinis, nel territorio del Comune di Cabras: protagonista del concerto "En el Camino" (proposto in collaborazione con il Mistral Hotel di Oristano), la pianista cubana Marialy Pacheco alla testa del suo trio con il bassista colombiano Juan Camilo Villa e il batterista uruguaiano Diego Piñera. Nata a L'Avana nel 1983, di solida formazione classica, prima donna ad aver vinto la Montreux Solo Piano Competition in quindici anni di storia del concorso, Marialy Pacheco è anche l'unica esponente femminile nell'attuale leva di pianisti jazz cubani che annovera nomi del calibro di Roberto Fonseca, Omar Sosa e Gonzalo Rubalcaba (anche lui in arrivo al festival, il 10 agosto a Neoneli).

Giovedì 2 agosto a Bauladu si rinnova la collaborazione di Dromos con il 'Du - Bauladu Music Festival, quest'anno alla decima edizione, ideato dalla Consulta Giovani Bauladu. Grande protagonista della serata all'Anfiteatro Comunale (ore 22.30), il cantautore, poeta e scrittore Vinicio Capossela in "Componidori e altre canzoni della Cùpa": un concerto che intende celebrare la storia del suo album uscito nel 2016, "Canzoni della Cupa", appunto, dopo una gestazione di tredici anni, cercando spunti e ispirazione tra l'alta Irpinia e l'Oristanese, come suggeriscono titolo e versi di un brano come "Componidori". Vincitore l'anno scorso del prestigioso Premio Tenco alla carriera, Vinicio Capossela si è aggiudicato anche il Premio Lunezia Canzone d'Autore 2017 proprio per "Canzoni della Cupa", definito dalla commissione "Album epocale". Con lui sul palco di Bauladu una formazione acustica che schiera Riccardo Pittau alla tromba, Victor Herrero e Alessandro Stefana alle chitarre, Fabrice Martinez al violino, Glauco Zuppiroli al contrabbasso e Giuseppe Leone alle percussioni.

Venerdì 3 Dromos fa tappa a Mogoro (rinnovando così la collaborazione tra il festival e la tradizionale Fiera dell'Artigianato Artistico della Sardegna): sul palco allestito in Piazza Martiri della Libertà (ore 21.30) dilagheranno i ritmi ipnotici del Sahara e le sonorità del blues e del rock, ovvero la miscela trascinante che caratterizza la musica di Bombino. Il chitarrista e cantante definito da molti "il Jimi Hendrix del deserto", nato e cresciuto ad Agadez, in Niger, nella tribù dei Tuareg Ifoghas, si rifà alle sonorità tipiche degli anni Sessanta/Settanta, inserite in un contesto rock-blues di matrice americana, arricchito da vocalismi in Tamasheq, la lingua Tuareg. Quattro gli album all'attivo della stella del desert blues nella sua ascesa al successo internazionale iniziata nel 2011 con "Agadez", seguito nel 2013 dall'acclamatissimo "Nomad", nel 2016 da "Azel", e dal recentissimo "Deran", pubblicato lo scorso maggio. Accompagnano Bombino in questa tappa in terra sarda Illas Mohamed alla chitarra, Youba Dia al basso e Corey Wilhelm alla batteria. 

La rotta del festival approda idealmente ancora a Cuba, sabato 4 agosto, con il concerto a Baratili San Pietro (alle 21.30 in Pratza de ballusu) del percussionista e cantante Pedrito Martinez con il suo gruppo: Jassac Delgado Jr. alle tastiere e cori, Jhair Sala alle percussioni e cori, Sebastian Natal al basso, percussioni e cori. Classe 1973, anche lui nativo de L'Avana, come Marialy Pacheco, da quando si è stabilito a New York, nell'autunno del 1998, Pedro Pablo "Pedrito" Martinez ha registrato o suonato con artisti del calibro di Wynton Marsalis, Paul Simon, Bruce Springsteen, Sting e partecipato a oltre cinquanta album. La sua voce tenorile perfettamente intonata combina agevolmente influenze popolari e folcloristiche con un'energia e un carisma contagiosi che lo rendono formidabile sia come front man che come percussionista.

Da Cuba all'Africa di Guy One, il cantante e suonatore di kologo (un liuto a due corde), di scena domenica 5 a Morgongiori (alle 21.30 in piazza Chiesa) con una formazione che vede Florence Adooni e Lizzy Amaliyenga ai cori, Claudio Jolowicz e Bastian Duncker ai sassofoni e ai flauti, Johannes Wehrle alle tastiere e Max Weissenfeldt alla batteria. Di etnia Frafra, originario della zona rurale intorno a Bolgatanga, nel Ghana settentrionale, lo scorso gennaio Guy One ha pubblicato "# 1", il suo nuovo album e prima uscita internazionale, che sta ricevendo un'ottima accoglienza da parte della stampa e nei dancefloor di mezza Europa. Frutto di una collaborazione tra Berlino e Bolgatanga, nato grazie all'iniziativa e all'intuizione del suo mentore Max Weissenfeldt, musicista nonché produttore e A&R dell'etichetta Philophon Records da lui stesso creata, "# 1" è un disco radicato nella tradizione quanto nel contemporaneo, tra passato e presente, e il contrasto si amalgama in un tessuto di suoni assolutamente in linea con i nostri tempi.

L'Africa detta la rotta anche del concerto in programma l'indomani, lunedì 6 agosto, nuovamente nella splendida cornice dell'Anfiteatro di Tharros (ore 21.30). Al centro dei riflettori, in una serata presentata in collaborazione con la Cantina Contini di Cabras, la cantante maliana Fatoumata Diawara, accompagnata da Yacouba Kone alla chitarra, Arecio Smith alle tastiere, Sekou Bah al basso e Jean Baptiste Gbadoe alla batteria. Classe 1982, tra le rappresentanti più vitali della musica africana d'oggi, Fatoumata Diawara approda in Sardegna reduce dalla recente uscita (lo scorso 25 maggio) del suo nuovo album, "Fenfo", dove esprime tutta la sua maestria nelle melodie nitide e suggestive che attraversano il disco. Pur nel rispetto delle origini, la sonorità del disco è un atto di coraggiosa sperimentazione che caratterizza la cantante del Mali come nuova portavoce femminile della giovane Africa, consapevole delle proprie radici ma con una visione fiduciosa rivolta al futuro e dal linguaggio universale.