Serge Pey e i Corvi. (Foto di Chiara Mulas)
CAGLIARI. Questo articolo è un invito alla lettura di un nuovo, importante libro, che parla della Sardegna e troverete in tutte le librerie da questo mese. E' un libro di racconti, scritto dal noto poeta francese Serge Pey (LINK), dal titolo originale e intrigante: “Storie sarde di animali particolari, di delitti e di speranza”. E' stato curato e tradotto da Giovanni Fontana e viene edito in Italia dalla Fermenti Editrice. (LINK)
Prima di parlarvi del libro però penso sia necessaria una premessa, un doveroso tributo al suo autore. Seppure presentare in poche righe uno scrittore del calibro di Serge Pey non sia cosa molto semplice. Proverò a farlo con alcuni cenni biografici, chi volesse approfondire la sua biografia troverà ulteriori notizie in fondo all’articolo.
Serge Pey nasce in Francia, a Toulouse, nel 1950, la sua è una famiglia di profughi catalani della guerra civile spagnola. Lui è poeta, scultore, artista plastico e figurativo, folle, visionario e innovativo. Uomo d’arte eclettico che, anche dalla propria diaspora familiare, si dimostra in grado di trarre linfa per il proprio pensiero poetico. Ha scritto molte decine di libri (trovate parte della sua vasta bibliografia in questo link ) durante un lungo percorso artistico che ha visto importanti e prestigiosi riconoscimenti. Tra i quali basta citare i premi internazionali di poesia francofona "Wallonie Bruxelles" nel 1989 e "Yvan Goll" nel 2001, oltre al recente “Prix Apollinaire” del 2017. Serge Pey però non è solo un grande poeta e scrittore francese contemporaneo. Lui è anche un ricercatore e uno studioso, curioso e attento osservatore delle tradizioni sciamaniche, della cultura amerindiana e, più in generale, cultore affascinato dalle pratiche alchemiche arcaiche e da tradizioni provenienti dalle culture più antiche, che costituiscono le radici antropologiche sommerse della nostra modernità.
Oltre che presentarvi l’autore credo sia utile anche descrivere i motivi che hanno spinto un grande scrittore straniero come lui a scrivere il libro di “Storie Sarde” come quello che vi sto presentando. “Storie Sarde” si compone infatti di trentadue brevi racconti, ambientati in un paese immaginario della Barbagia, chiamato Nurine, da cui partono intricati sentieri montani. Serge da voce a miti e riti collettivi quotidiani, raccogliendo le storie narrate dagli abitanti del paese, si tratta di racconti di fantasia, descritti spesso in modo ironico e anche surreale ma comunque ispirati in qualche modo da fatti reali. Storie che ricordano quelle antiche novelle e "contus de forredda" che erano le "ghost stories" dei nostri avi, oppure parabole a enigmi quasi fuori dal nostro tempo. Ma, tutti questi racconti, insieme ai luoghi, ai fatti e ai protagonisti sono anche altamente emblematici e rappresentativi della nostra cultura. Compaiono ovunque personaggi, animali e luoghi reali della Sardegna che Serge sembra conoscere molto bene.
La narrazione si svela pagina dopo pagina ed è sempre molto avvincente. Con una scrittura sapiente e atta a descrivere “corpi e spiriti inquieti”, come li definisce il curatore e traduttore Giovanni Fontana, nella sua bella prefazione che apre il libro. L'autore ci racconta storie di Sardi che ci portano attraverso “un suo personale viaggio alle radici del tempo e della lingua”, storie che avvengono o sono avvenute, o potrebbero avvenire, in un luogo/non luogo che è “locus” geografico ma anche antropologico e ci viene svelato con un senso che appartiene al nostro immaginario collettivo. Questa continua suggestione, sorretta dalla parola scritta di Serge Pey, diventa il fulcro di un sentire singolare che ci appare familiare e anche rappresentativo della nostra Isola. Sentire nel quale Serge ha trovato quella “singolarità, quella gente, quella storia ricca di fascino e misteri che lo hanno dapprima incuriosito e poi profondamento affascinato” citando ancora una volta le parole di Fontana.
E dai racconti tratti da questo singolare luogo in Sardegna, che Serge fa emergere la propria naturale visione di un “Pantheon” dalla geologia granitica. Lo snodarsi delle diverse storie scopre, un pezzo alla volta, una sorta di "tempio di pietra", un'architettura naturale sorta dalla terra e non eretta dagli uomini. Tempio animista e panteista, dedicato a qualsiasi dio, a tutti gli dei, abitato da persone e animali che sono intimamente e naturalmente legati tra loro e alla terra da cui provengono.
Ecco la bellezza di queste pagine credo sia tutta qui. Nella familiare singolarità che le rende dei "topos". Luoghi che sono, ci appaiono, comuni a qualsiasi latitudine avvengano i fatti narrati. Questa scoperta o riscoperta di luoghi e tempi che sono naturalmente “epifanici” permette a Serge Pey di trovare, in tutti, lo stesso sguardo primigenio profondo frutto del rapporto istintivo tra natura, uomo e cultura. Disegnando un ambiente Sardo archetipico e mitico l'autore delinea la simbologia dell’inesorabile, lento ma quotidiano, muoversi, individuale e collettivo, di anime sole o di intere genti, tra "domus de Janas", Eros e Thanatos, tra nascita e morte, in amore e dolore.
A questo punto, che si tratti di storie reali, come afferma l’autore, oppure simboliche, che avvengano in quel paese al centro della nostra Sardegna o in un qualsiasi luogo lontano della Sierra Madre messicana, forse poco cambierebbe per Serge e per noi che lo leggiamo. Perchè questo è un viaggio iniziatico. E lui si propone come chi intenda navigare verso approdi lontani, nel proprio personale "oceano di natura e pietra" immaginifico e immaginario. Oceano simbolico e rappresentativo della nostra Isola più antica come potrebbe esserlo per qualsiasi altro luogo abitato da popoli e persone in grado di entrare in comunione con qualsiasi altro essere vivente sulla Terra.
Proprio in questa sua personale ricerca alchemica della pietra filosofale del “tutto è uno” Serge Pey ci racconta la naturale miscela di esseri, lingua e luoghi “viventi” che affollano le sue storie. E noi sappiamo bene di cosa parla. Quando ci parla di un posto dove le donne possono permettersi anche di “indossare sotto la gonna delle mutande con lo spacco per poter pisciare in piedi al pari degli uomini", o dove il “canto dei morti” delle anziane prefiche, “attitadoras”, può declamare il miele dolce delle api per omaggiare il parente ucciso ma al tempo stesso chiamare alle armi gli uomini della sua famiglia per pianificare una vendetta a distanza di un anno.
Questo bellissimo “Storie Sarde di animali particolari, di delitti e di speranza” di Serge Pey ci avvince in una trama capace di narrare, in poche pagine, la storia di una anziana donna sarda, Zia Bachisia, che ha un corvo come animale di compagnia e lo chiama con il nome del poeta Dino Campana. Lei ha letto e compreso “Il processo” a Joseph K e si oppone attonita ad un assurdo “Tribunale dei corvi” (questo il titolo del racconto) dove altri neri volatili diventano “giudici colpevoli che giudicano le proprie ombre”. Il tribunale dei corvi decreta il sacrificio e l’esecuzione di massa del corvo di Bachisia perché animale vecchio e malato. E a noi appare naturale che la cosa possa avvenire al grido stridente di un “Kafka, Kafka”, (verso atavico di tutti i corvi secondo Serge) in una scena incredibilmente filmica che cita “The Birds” di Alfred Hitchcock, ma contiene un substrato citazionista, letterario, filosofico e culturale ancor più profondo.
Roba in grado di scaraventarci indietro nel tempo fino all’eutanasia praticata dai nostri avi, alla "pietas" del martello di antiche “accabadoras” sarde per poi ritornare nel presente, sopra la moderna “rupe tarpea” collettiva da cui scaraventiamo le vittime di tante attuali ingiustizie sociali. Tutta roba alla quale, questa rivoluzionaria Zia Bachisia di Nurine, all’ombra di un nuraghe, ci ricorda che ci si può opporre facendo tesoro dell’insegnamento di parole estratte proprio dai diari di Kafka: per “uscire dalle fila degli uccisori...”
Serge Pey in questo suo libro che non mi stancherò mai di consigliarvi di leggere, ci parla di tante storie come questa. E di storie come quella in cui, un cane, in questo paese di Nurine, dietro le montagne di Padinas, Barbagia, può diventare il testimone principale durante un processo. La sua è una Sardegna di fantasia ma molto ben ancorata al reale, dove “l’eternità è spesso in transito… Come lupo che insanguina gli ovili con la sua fame inappagata”.
Troviamo altri racconti e luoghi in grado di ospitare personaggi emblematici, come un certo Antioco Tolu, noto come “faccia di cane”. Un essere fantastico per eccellenza che a me personalmente ha fatto pensare all’Agamennone “faccia di cane, cuore di cervo e uomo vigliacco” descritto dal nemico dentro l’Iliade di Omero. Ma, al tempo stesso, mi ha ricordato un personaggio della visionaria saga a fumetti del meta-Barone di Alejandro Jodorowsky che, ne sono quasi certo, l’amico Serge avrà certamente scoperto, decenni orsono come il sottoscritto, in qualche colorata edizione francese della mitica rivista Metal Hurlant.
Questo racconto è emblematico e, secondo me, risolutore. Perché ci narra di questo povero uomo “faccia di cane” che, dopo esser fuggito a causa del disgusto e dello scherno che le sue sembianze canine provocavano tra i compaesani in un altro paese, trova ospitalità tra la gente di Nurine e scopre che loro addirittura celebrano riti in onore dei cani perché la pelle canina, stesa su un tamburo, permette alla musica la miglior “vibrazione che si possa ottenere”.
A Nurine Antioco Tolu trova casa e decide che, alla sua morte, anche la sua pelle venga usata per ricoprire quei tamburi sardi “sos tumbarinos” che i musicisti di Gavoi, suonano durante i riti festivi e durante il carnevale. Ecco quindi che, in questa Sardegna ancestrale descritta da Pey, tutto il cerchio di suggestioni letterarie si chiude per giungere infine, o forse per ritornare, proprio a Gavoi. Perché è questo il vero luogo che ha ispirato nell’autore il villaggio di Nurine di cui ci parla.
Gavoi è anche il luogo in Sardegna dove Serge Pey, ha trovato, la sua seconda casa natale, in una Sardegna che per Serge è terra nativa d’elezione. Terra che lui conosce e frequenta da decenni. Un luogo dove ha trovato cose e persone che hanno colpito la sua mente e il suo cuore. Serge durante ogni estate, da molti anni, si trasferisce proprio a Gavoi, in una antica casa in pietra proprio nel centro del paese, dove risiede insieme alla sua compagna Chiara Mulas, anche lei nota performer e artista visiva, che proprio là è nata.
Infatti è Chiara ad accompagnarlo e ad esibirsi con lui durante i tanti reading poetici e le performance itineranti in giro per l’Europa. Performance che sono sempre azioni poetiche intrise di protesta e di impegno civile. Come nell'estratto video che vi proponiamo qui sotto tratto da YouTube:
Ed è proprio alla sua Chiara e alla Sardegna vissuta da entrambi, che Serge Pey ha dedicato, nel 2012, un altro suo importante e bellissimo libro bilingue (in italiano e francese) intitolato: “Chants électro-néolithiques / Canti elettro-neolitici”. Opera di cui ricordiamo ancora la splendida presentazione e performance del 2018 (LINK) durante “Cabudanne de sos poetas”, il festival di poesia che si svolge ogni anno a Seneghe.
Una "sottile linea rossa" di poesia e Sardegna unisce dunque questi due libri di Serge Pey. Queste sue “Storie Sarde di animali particolari, di delitti e di speranza”, insieme a “Canti elettro-neolitici”, compongono un dittico letterario ideale, dall’impatto poetico fortemente innovativo e rivoluzionario, sottolineato da parole e azioni altrettanto ben radicate nell’immaginario culturale più arcaico della nostra Sardegna.
Vi invito a cercarli in libreria per leggerli entrambi.
Serge Pey e Chiara Mulas durante una loro performance (Foto di F. Garghetti)
NOTE BIOGRAFICHE:
Serge Pey rappresenta oggi, senz’ombra di dubbio, uno degli autori di punta della moderna “Poesia d’Azione”. E tutti i suoi scritti poetici, narrativi e teorici sono permeati da un costante impegno civile e politico, da profonde riflessioni sul tessuto sociale, analizzato in chiave antropologica e nell’ottica di ricercare una nuova via, etica, poetica e anche estetica, per il vivere civile. La sua filosofia indaga sulla funzione del poeta e sul ruolo dell’agire poetico, al di fuori delle pagine di qualsiasi libro. Serge Pey è “agent provocateur” per eccellenza, in grado di incitare a viva voce i giovani poeti con il suo “venger le mots”, invitandoli all’agire per “vendicare le parole”. Bastano solo pochi versi per farvi capire di cosa parli:
“Perché la poesia è messa a morte/ Perché i libri di poesia sono allineamenti di epitaffi/Perché le biblioteche gettano cadaveri di carta in bidoni o canali […] Perché le parole non significano più nulla e vomitano le loro lettere […] Perché la poesia è vietata nelle radio e sui giornali/Perché la poesia è sfigurata nelle scuole.
Lo stile letterario di Serge, attinge dalla “canzone profonda”, figlia del folklore e del flamenco andaluso e risuona di quel “cante jondo” che Garcia Lorca definiva come il “ritmo degli uccelli e la musica istintiva del nero pioppo e delle onde”.
Ma si ispira anche alla matrice poetica provenzale più arcaica, alla storia dell’eresia catara e trae linfa dallo spirito anarchico di quei tanti ribelli, liberi pensatori, uomini d’azione e lettere che hanno percorso la storia e le arti in Europa durante tutto il novecento. Ma Serge Pey non è certamente uno che si rivolge al passato. Il suo lavoro è noto e presentato da anni in varie parti del mondo e lui h partecipato e partecipa ad eventi letterari che si svolgono in Francia e in tutta Europa, come anche negli States, in Québec, in Messico e in Giappone. Attivo in Francia fin dagli anni settanta ha fondato due importanti riviste di poesia ("Emeute" nel 1975 e nel 1981 "Tribu").
In tutti gli anni a seguire è stato autore noto e apprezzato dalla critica. Con una importante e citata Tesi sulla poesia contemporanea (La langue arrachée) e oltre cinquanta libri e CD tra i quali titoli come: "De la ville et du Fleuve", "Prophéties", "La Définition de l'Aigle", "Notre Dame la Noire ou l'Évangile du Serpent"
A Tolouse, Nel 1980, ha dato vita al Festival internazionale delle poesie contemporanee. È anche fondatore e iniziatore dal 1981 del movimento Marches internationales de la poésie ed è stato responsabile del dipartimento di Poesia e Letteratura all’Università Le Mirail (oggi Università Tolouse - Jean Jaurès), creatore della biblioteca sonora e visuale della stessa Università dove ha insegnato performance e poesia d’azione al Centro d’iniziative artistiche.
Poeta sempre impegnato per le libertà civili e la difesa dei diritti dell’uomo, ha sostenuto e preso posizione pubblicamente, a varie riprese, in episodi come la “fatwa” contro Salman Rushdie o il più recente “Black Lives Matter” Movement. I suoi ultimi testi figurano nelle antologie "Orphée Studio" e "Poèmes à dire du XXe siècle" edite da Gallimard e ha curato un vasto lavoro antologico audiovisivo sull'opera di Victor Hugo prodotto da France Culture (LINK) .