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UTA. “Trascorrerà le ultime settimane, in attesa del parto, nella comunità Emmaus di Iglesias la giovane tossicodipendente incinta di quasi 8 mesi che era finita nella sezione femminile della Casa Circondariale di Cagliari-Uta. La soluzione è stata trovata grazie al coordinamento tra la direzione penitenziaria, quelle dell’area Sanitaria e della Sicurezza dell’istituto, la Ginecologia del Policlinico, la garante regionale delle persone ristrette e la responsabile della Comunità Emmaus. Una collaborazione che è stata determinante per il Giudice che ha quindi disposto il trasferimento della giovane donna”. Lo rende noto Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” che aveva accompagnato al Policlinico Universitario la giovane.
Il caso era stato reso pubblico dalla garante dei detenuti Irene Testa, solo pochi giorni fa (QUI LA NOTIZIA).
“La positiva soluzione – osserva – non può far dimenticare che la presenza in carcere di una donna incinta o con una creatura di pochi mesi o anni non è solo un obbrobrio perché mette a rischio la vita della/del neonato ma determina una situazione di grave disagio all’intera struttura detentiva soprattutto laddove il sovraffollamento e l’assenza di un centro clinico nella sezione femminile comportano la necessità di un costante ricorso alle cure ospedaliere con conseguente mobilitazione di ambulanza e agenti penitenziarie per la scorta”.
“E’ noto che sia il periodo di gestazione sia quello perinatale e dei primi anni di vita richiedono – ricorda la presidente di Sdr – per la crescita del feto e/o del neonato e per il benessere della gestante un ambiente salutare anche sotto il profilo della qualità del cibo e dell’aria. Un carcere, seppure in una sezione femminile con una cella-nido, non può garantire condizioni adeguate. Né si può dimenticare che le creature in grembo o neonate sono carte assorbenti, recepiscono quindi quanto sta loro intorno. In Sardegna, non essendo disponibile un Icam (Istituto a Custodia Attenuata per Madri Detenute) occorre uno sforzo da parte delle amministrazioni locali di dotarsi di spazi protetti per i rari casi di donne incinte o con neonati/e con problemi giudiziari. La magistratura potrà così evitare di ricorrere al carcere e anche ad allontanare le detenute madri dai parenti più prossimi. Senza tralasciare che i bambini sono innocenti”.
Caligaris chiude: “L’auspicio è che la vicenda della giovane detenuta incinta possa diventare un positivo esempio di collaborazione per evitare che si ripeta”.










