CAGLIARI. L'intelligenza artificiale può far perdere quasi 60mila posti di lavoro in Sardegna. Lo dice la Cna nell'ultimo dossier sulla trasformazione dell'economia nell'Isola con l’introduzione dell’Intelligenza Artificiale e dell’automazione. Nell’ipotesi di piena implementazione delle nuove tecnologie nei processi produttivi, la stima del saldo occupazionale netto sarebbe nel complesso negativo, con una perdita globale di circa 59.253 posti di lavoro, il 10,3% dell’occupazione attuale. Allo stesso tempo però ci sarebbe "un effetto molto positivo sull'economia isolana".
Partendo dalle stime sull’aumento della produttività e tenendo conto del risultato atteso per lo stock di occupati annui, la ricerca stima l’impatto potenziale sul valore aggiunto della piena implementazione delle nuove tecnologie di intelligenza artificiale. Nonostante una struttura economica poco “industriale” e incentrata su PA, turismo, artigianato e agricoltura, la nostra regione vedrebbe una crescita del valore aggiunto del +12,8%. Si tratta di un guadagno di ricchezza importante, pari a circa 5 miliardi di euro valutati a valori costanti 2023, ottenibile esclusivamente implementando, nel settore privato e nel settore pubblico, le nuove tecnologie di intelligenza artificiale per l’automazione e per l’ottimizzazione dei processi produttivi.
“La chiave per governare questo processo, per certi versi inevitabile e irreversibile, cogliendo le opportunità e affrontando i rischi - evidenziano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna – è quella di investire in maniera efficace in formazione e “ri-qualificazione” professionale, sviluppando politiche per l’inclusione dei lavoratori nei settori emergenti, il riposizionamento dei lavoratori esclusi e promuovendo una strategia di sviluppo che integri sostenibilità e innovazione tecnologica, welfare attivo e welfare passivo. Ma per raggiungere questi obiettivi è necessaria la giusta visione strategica per anticipare i tempi. Il rischio, in una fase di transizione come quella attuale, è che, ancora una volta, la Sardegna possa perdere il treno dell’innovazione e non cogliere l’opportunità di recuperare, almeno in parte, quel gravoso gap di competitività che storicamente separa l’Isola dalle regioni più dinamiche dell’Italia e dell’Europa”.
Il primo risultato della ricerca, realizzata applicando una metodologia sperimentale introdotta dall’ILO[1], è che in Sardegna circa 105.620 posti di lavoro, pari al 18,3% degli occupati, potrebbero essere a rischio per via dell’automazione; questo dato colloca la Sardegna al di sotto della media nazionale (19,4%). Questo suggerisce come la peculiare struttura economica dell’Isola faccia sì che il mercato del lavoro regionale sia “potenzialmente” meno impattato, specialmente nel confronto con le aree più economicamente sviluppate del Paese. Questo risultato, ovviamente, vale anche per le nuove opportunità lavorative.
La stima della CNA indica che 46.367 nuovi posti di lavoro potrebbero essere creati in Regione grazie all’implementazione delle tecnologie di intelligenza artificiale (l’8% del totale attuale, da confrontare con l’8,5% medio nazionale). Il saldo occupazionale netto, quindi, sarebbe negativo, con una perdita complessiva di circa 59.253 posti di lavoro, il 10,3% del totale, contro il -11,0% stimato al livello nazionale.
I settori più vulnerabili sono quelli caratterizzati da un’alta percentuale di mansioni manuali e ripetitive, che possono essere facilmente sostituite da macchine o da altri sistemi di automazione, come l’industria, l’agricoltura o la logistica. Di contro, i settori legati alla digitalizzazione e all'innovazione tecnologica saranno motori di crescita occupazionale, come ITC, professioni ad alto valore aggiunto e attività finanziarie e assicurative.
Ma quali sono i fattori che determinano le differenze tra l’impatto occupazionale in Sardegna e quello nel resto d’Italia?
Una delle caratteristiche distintive della Sardegna è la sua bassa “industrializzazione”; a differenza di altre regioni del Centro-Nord, infatti, l’economia dell’Isola, oltre che su agricoltura e artigianato, si basa su servizi pubblici e sul turismo, settori a maggiore necessità di interazione umana e in cui la piena digitalizzazione e l’implementazione di tecnologie di IA generativa o predittiva avrà meno impatto in termini occupazionali. Nel settore pubblico, ad esempio, la Sardegna mostra un’elevata concentrazione di occupati nell'istruzione, sanità e servizi sociali (18,1% dell'occupazione contro il 14,8% a livello nazionale); questa dipendenza dai servizi pubblici, se da un lato garantisce una certa resilienza del mercato del lavoro rispetto all'automazione dei processi, dall’altro riduce il potenziale di crescita della produttività dovuta all’implementazione delle tecnologie di automazione e machine-learning.
Di contro, una maggiore vulnerabilità è associata al peso relativamente elevato del settore agricolo (la Sardegna si colloca al sesto posto in termini di percentuale di posti lavoro agricoli e al quinto se si guardano le ore lavorate). L’automazione delle attività agricole, come la raccolta e la gestione delle coltivazioni, potrebbe ridurre la domanda di manodopera, impattando significativamente sul mercato del lavoro regionale, in particolare sulla componente di occupazione stagionale; le produzioni di nicchia e biologiche potrebbero tuttavia crescere e aprire nuove opportunità, di impresa e di lavoro, in uno scenario di sviluppo settoriale finalizzato a un’agricoltura più innovativa e sostenibile.