ROMA. Omicidio colposo e lesioni colpose. A poco meno di due settimane dalla pubblicazione della relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, la procura di Roma apre un fascicolo contro ignoti. Sulla scrivania del procuratore aggiunto Nunzia D’Elia sono arrivate le denunce delle famiglie di una decina di militari malati di tumore: toccherà ai giudici stabilire se – come sostiene la Commissione presieduta da Gian Piero Scanu sulla base delle sentenze della magistratura ordinaria e amministrativa - tra le patologie sviluppate dai militari e l’esposizione all’uranio presente nelle munizioni esista un nesso di causalità.
Un'ipotesi contro la quale si schiera compatto l’intero Stato maggiore della Difesa, che rispedisce al mittente le accuse di inefficienza in tema di sicurezza sui posti di lavoro e mancanza di controlli sulla salute dei soldati sia in Italia che nelle missioni all’estero, definendole "inaccettabili". "Non si capisce sulla base di quale presupposto la Difesa ritenga inaccettabili le conclusioni della relazione, è evidente che l'argomento sia molto scomodo - spiega l'avvocato Angelo Fiore Tartaglia, consulente legale dell'Osservatorio militare - il lavoro svolto con grande imparzialità dalla Commissione rappresenta un'importante svolta in materia che contibuirà a dare nuovo impulso alle indagini".