CAGLIARI. La tragedia del neonato morto tra le braccia della madre all’ospedale Pertini di Roma ha fatto aprire una sorta di vaso di Pandora sulle difficoltà post parto. Stanchezza, co-sleeping, rooming-in: tante parole che sono finite sotto i riflettori. A indagare sulla terribile vicenda è la Procura di Roma, ma in tutta Italia è scattata un’ondata di testimonianze di situazioni di disagio delle neo mamme negli ospedali. Fronte spaccato in particolare sul “rooming-in”, finito in questi giorni sotto accusa, che prevede la possibilità che, dopo il parto, il piccolo stia 24 ore su 24 nella stanza della mamma.
Una pratica consigliata anche dall’Oms per rafforzare il legame tra il nascituro e chi lo ha messo al mondo, che viene utilizzata anche negli ospedali cagliaritani. Il dottor Gianni Ottonello, dirigente Puericultura-Nido del Policlinico di Monserrato, ha voluto fare chiarezza in merito spiegando che non si tratta di una prassi obbligatoria. "Tutte le strutture sanitarie dovrebbero offrire alle neo mamme la possibilità dello 'skin to skin' e del 'rooming-in'", dice. "Sono due procedure differenti, la prima consiste nella possibilità di avere sul proprio grembo alla nascita il bambino per almeno due ore e la seconda è la possibilità di avere il bambino 24 ore su 24 affianco al proprio letto. Sono importantissime e riconosciute a livello nazionale. Favoriscono il legame tra mamma e neonato, sono basilari per la buona riuscita dell'allattamento al seno. Permettono inoltre una migliore transizione nel passaggio della vita del neonato da quella uterina a quella extra-uterina. Sono due pratiche importantissime, da consigliare".
Il dottor Ottonello ha spiegato anche che le donne vengono seguite e formate con un monitoraggio costante che parte già dalla gravidanza e continua durante i primi giorni di allattamento, in modo da scongiurare i rischi di incidenti.