CAGLIARI. Via duemila tavolini dalle strade del centro di Cagliari. Questo il numero orientativo di quelli che occupano le piazze della città e lo possono ancora fare per poco. A meno che il Comune non dia un segnale contrario.
Si tratta degli arredi che i titolari dei locali hanno potuto posizionare grazie all'ampliamento delle concessioni deciso durante la pandemia, in scadenza a fine maggio. In media, per ogni attività, si parla di circa il 30 per cento del suolo occupato in più.
Le interlocuzioni tra le associazioni di categoria e l’amministrazione sono in corso. Perché se è vero che da una parte c’è chi non rispetta le regole e ha abusato degli spazi all’aperto, dall’altra i proprietari di bar e ristoranti chiedono di poterli tenere fino a settembre. E non in maniera gratuita.
“È un tema caldo in tutta Italia e le interlocuzioni anche con l’Anci sono aperte”, spiega Emanuele Frongia, presidente della Fipe Confcommercio Sud Sardegna, che domani sarà presente anche alla riunione della commissione Attività produttive per parlare dell’occupazione di alcuni parcheggi riservati alle auto e concesse ai titolari dei locali per posizionare tavoli e sedie.
“Ciò che è corretto, ed è ciò che dice la legge, è che il 30 giugno bisogna tornare alla normalità”, tiene a precisare Frongia, “ma visto che sarà già iniziata la stagione, e le aziende non hanno di certo ricevuto tanti aiuti, possiamo prendere come esempio altri comuni nazionali, come Cremona, solo per citarne uno, dove le amministrazioni hanno deciso di prorogare questa misura fino al 31 dicembre”.
I rappresentati di bar, ristoranti e locali in generale sono disposti a pagare. “Si parla di 400, fino ad arrivare a 600 euro per ogni attività, soldi che Cagliari potrebbe mettere a correre per il turismo”, dice Frongia, “sappiamo bene che in questo modo chiediamo ai residenti un ulteriore supporto, ma lo facciamo con la convinzione che tutti devono rispettare le regole, e i controlli devono esserci”.
Per chi ha deciso di usufruire di questa agevolazione, e quindi comprare gli arredi e posizionarli dove consentito, toglierli il 30 giugno significherebbe avere a che fare con una difficoltà organizzativa per tutte le imprese. “Sia quella del personale che dei sistemi di lavoro, e quindi dei carichi delle materie prime avviene per tutta una stagione, in un momento in cui è già difficile trovare personale, non è semplice dire agli operatori di riorganizzarsi dopo giugno perché magari la loro forza lavoro non serve più”.
Altro aspetto, sono le nuove abitudini acquisite durante la pandemia. “Ormai in tanti ci chiedono di stare all’aperto, si sentono più sicuri”.