CAGLIARI. È diventata un caso nazionale la dibattuta posizione dell’Anpi sulla guerra in Ucraina. La principale associazione partigiana ha fatto discutere quando il 4 aprile ha pubblicato un comunicato in cui condannava “fermamente” la strage di Bucha, ma al contempo chiedeva l’istituzione di una commissione di inchiesta internazionale, per capire cosa realmente fosse successo. Da lì la bufera. C’è chi l’ha accusata di essere filo Putin, chi - come la Federazione dei partigiani - si è chiamata fuori perfino dalla manifestazione del 25 aprile dopo le dichiarazioni del presidente Pagliarulo, finito in un tritacarne di attacchi da più fronti. E gli scontri sono spuntati anche all’interno della stessa associazione.
Ma dalla Sardegna la posizione, chiara e precisa, arriva attraverso la voce del presidente provinciale di Cagliari Antonello Murgia, che ribadisce la ferma condanna a Putin, ma non nega la contrarietà (sua e dell’Anpi) all’attività di rifornimento di armi dall’Occidente al paese oggi bombardato. Perché, dice, la pace non si fa con le armi. "Lo abbiamo detto dall'inizio, non siamo filo-Putin", dice Murgia, "non abbiamo mai avuto niente a che fare con lui a differenza di politici come Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Tuttavia la richiesta di una commissione d'inchiesta sul massacro di Bucha non mi sembra così assurda", dice Murgia. Che si rivolge anche a chi accusa l'Anpi di non avere più ragione di esistere: "Questa vulgata dei partigiani come pistoleros da far west è assurda", commenta il presidente provinciale di Cagliari, "i nostri partigiani erano amanti della pace, certo imbracciarono il fucile come lo stanno facendo gli ucraini, su cui non abbiamo niente da dire, ma rifornire loro le armi non è la soluzione".