CAGLIARI. Un viaggio lungo tre settimane. A Lviv Natalia ha lasciato suo marito e suo figlio di 23 anni. Loro non possono scappare: devono combattere contro i russi. Visibilmente emozionata oggi dice: "Grazie, non mi aspettavo tutta questa accoglienza”.
La sua è l’ultima storia che viene raccontata in Sardegna da una profuga fuggita dalle bombe che piovono sul suo Paese. Alla ricerca di pace, per ricostruire la sua vita da zero, con la speranza di poter riabbracciare presto marito e figlio.
Natalia ha 47 anni, è arrivata insieme ad altre sei donne e ragazzine. Lei è l’unica che parla l’inglese. Le altre solo ucraino. La nave che le ha portate a Cagliari è arrivata verso le 10, in ritardo rispetto alla tabella di marcia. Un pulmino le ha poi portate al seminario di via Monsignor Cogoni dove sono state accolte dalle pardule sarde, dolcetti e sorrisi. E finalmente da volti rassicuranti rispetto a ciò che hanno vissuto nel loro paese.
Due bambine tengono in mano la bandierina dell’Ucraina. I loro volti sono spaesati, almeno all’inizio. Perché dopo l’accoglienza ricevuta non risparmiano sorrisi e saluti.
La prossima destinazione per loro è Muravera. Là il paese si è detto pronto per accoglierle e ha creato un’indipendenza tanto da ipotizzare anche un lavoro per la stagione estiva.
“Uno schifo pensare che si possano avere notizie della guerra seduti borghesemente in un divano mentre si guarda la televisione”, dice don Emilio Manca, parroco del paese. Per questo lui stesso ha messo in piedi una rete in paese, con un comitato e una commissione. E creato le condizioni migliori per donne e bambine.
Questo è solo l’ultimo gruppo, perché in Sardegna si contano già circa 1000 profughe. “Ancora una volta questa è un’Isola accogliente”, dice Don Marco Lai, direttore della Caritas di Cagliari che traccia i numeri della solidarietà, “abbiamo più di 500 famiglie disposte ad accogliere donne con minori o a mettere a disposizione la loro casa”.
Un messaggio di accoglienza arriva anche dall’arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi. “Le emozioni si devono trasformare in azioni”.