CAGLIARI. Il 22 gennaio scatta lo stop alla pesca dei ricci in Sardegna. Ma c'è un problema: nessuno ha detto ai lavoratori del settore cosa dovranno fare dall'indomani (dovevano essere impiegati in progetti di tutela del mare) e, stando a quanto emerso oggi durante un'audizione nella commissione della commissione Attività produttive del consiglio regionale, non ci sono nemmeno i fondi promessi per gli indennizzi. La delibera della giunta regionale in attuazione della legge Omnibus che impone il blocco per tre anni, però, è operativa.
Dal parlamentino presieduto da Piero Maieli è stato ascoltato il parere del Consorzio Biotecnomares, che si occupa dello sviluppo di tecnologie di tutela del mare. Il professor Guido Beltrami ha spiegato le cause della diminuzione della presenza dei ricci nel mare sardo e avanzato alcune proposte: «La causa del depauperamento delle acque isolane non è dovuta solo all’azione dell’uomo. I cambiamenti climatici stanno giocando un ruolo decisivo. Per questo il fermo biologico non basta, bisogna pensare a progetti di ripopolamento – ha detto Beltrami – secondo noi sarebbe importante individuare alcuni areali, in zone come Sant’Antioco e Oristano dove sono presenti aree marine protette, in cui posizionare delle particolari strutture in terracotta dove far nidificare i ricci. Un progetto in cui coinvolgere i pescatori per la gestione delle riserve».
Proposta accolta con favore dalla commissione. Nei prossimi giorni sarà approfondita in un tavolo tecnico.
Intanto i consiglieri Andrea Piras (Lega) e Francesco Agus (Progressisti) hanno chiesto il ritiro della delibera di Giunta che introduce il fermo biologico. Secondo Piras il fermo va rinviato in attesa di individuare le risorse per i ristori. Per Agus, senza la certezza dei controlli contro l’abusivismo e delle risorse da stanziare per i ristori si rischia di vanificare tutti gli sforzi.