CAGLIARI. Oltre al danno la beffa. Sembra non voler finire il calvario giudiziario di due fratelli, U.L. e A.L., rimasti orfani del padre lo scorso anno a causa di una trasfusione di sangue infetto. Un errore fatale per il quale i due avevano portato in tribunale il ministero della Salute, condannato dai giudici di Cagliari al pagamento di un assegno una tantum a titolo di indennizzo. Fine della storia? No, perché nonostante la notifica della sentenza, in più di un anno dalla condanna il ministero non risarcisce neanche un euro. I due fratelli decidono allora di rivolgersi al Tar per ottenere quanto gli spetta di diritto, ottenendo ancora una volta ragione dai giudici: non solo il ministero ha 60 giorni di tempo per pagare, ma - considerato il ritardo - dovrà farlo anche con gli interessi.
Una storia molto simile a quella di R.S., una madre di Sassari che - sempre a causa di una trasfusione di sangue infetto - aveva perso nel 2014 il figlio G.C. vedendosi poi riconosciuto dal tribunale turritano il diritto all'assegno da parte del ministero della Salute. Contro quella decisione il ministero aveva fatto ricorso, ma nell'ottobre 2016 la Corte d'Appello aveva nuovamente dato ragione alla donna. Dopo oltre un anno dalla sentenza d'appello, tuttavia, dal ministero neanche un euro. Per ottenere il riconoscimento del proprio diritto, la donna si è vista così costretta ad affrontare un nuovo processo davanti al giudice amministrativo. Così come nel caso dei due fratelli cagliaritani, il Tar ha accolto la sua richiesta condannando il ministero al pagamento con gli interessi entro sessanta giorni.