CAGLIARI. Presidenza del consiglio dei ministri, ministero dell'Interno e Poste italiane: sono gli enti che con i loro avvocati si sono costituiti parte civile nel procedimento che vede imputati 45 antimilitaristi sardi, finiti sotto accusa per manifestazioni contro le basi che si sono svolte nel 2015 nell'Isola. Per alcuni i capi di imputazione arrivano all'associazione per delinquere e al terrorismo, Mentre nel palazzo di piazza repubblica andava in scena l'udienza preliminare conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pm Giudo Pani, all'esterno oltre un centinaio di attivisti ha manifestato solidarietà agli imputati. In aula, a difenderli, c'erano gli avvocati Marcella Cabras, Carlo Monaldi, Ivo Loi, Mario Maffei, Albertina Zanda e Giulia Lai, che ha ottenuto la messa alla prova per due assistiti. Poste ha voluto partecipare al procedimento perché durante una delle manifestazioni era stato danneggiato un ufficio.
“Vogliamo ribattere alle accuse di terrorismo che rivoltiamo all’Esercito e allo Stato Italiano che da 60 anni ci bombardano e fanno della nostra Isola un teatro di Guerra”, ha detto Michele Salis dell’associazione sarda contro l’emarginazione, “e siamo qui anche per dimostrare tutta la solidarietà incondizionata agli indagati e per ribadire che rivendichiamo ogni azione fatta e ribadiamo che l’abbiamo fatta tutte e tutti”. “Più che perseguiti sono perseguitati”, ha aggiunto Bustianu Cumpostu leader di Sardigna Natzione Indipendentzia, “e siamo tutti perseguitati perché stiamo difendendo la nostra terra, ci sentiamo vincolati e prigionieri di questa occupazione militare”. “I ragazzi indagati hanno partecipato a manifestazioni pienamente pacifiche”, dice Gianpiero Cocco, presidente dell’associazione Libertade, “respingiamo le accuse che sono basate sul nulla e solo sulle macchinazioni del gip”.