CAGLIARI. I conti non tornano. Il passaggio dalla zona gialla a quella arancione in Sardegna ha suscitato numerose polemiche. E in tanti si chiedono perché per 15 giorni l’isola debba essere collocata nella fascia delle regioni a rischio.
“Il ministero ha definito una serie di indicatori attraverso i quali monitorare da un lato la situazione epidemiologica e dall’altro la capacità dei servizi sanitari regionali di affrontare l’epidemia”, spiega Giovanni Sotgiu, epidemiologo e docente dell’Università di Sassari, “come ha sottolineato l’assessore alla Sanità c’è stato lo sforamento del tetto del livello indicato della resilienza delle terapie intensive per favorire il passaggio da una fascia all’altra. Ma c’è anche l’aspetto legato ai focolai nelle Rsa”.
Intanto l’assessorato alla Sanità si è detto pronto a preparare un report da consegnare al Governo. “L’esempio che stiamo vedendo per la regione Lombardia ci dice che ci può essere una revisione da parte del Governo per la classificazione. Quindi qualora venissero modificati gli indicatori in senso positivo, questi potrebbero modificare la situazione. Intanto il calcolo riferito dal ministero prende in considerazione la settimana antecedente, la Regione e l’assessorato lo possono chiedere alla luce di un nuovo incremento dei posti in rianimazione”.
Certo è che la comunicazione dei dati in tempo reale è fondamentale per il superamento dell’epidemia. “Il problema dei flussi informativi è nazionale: è sostanziale la comunicazione tra il dipartimento di prevenzione e i singoli comuni, nella valutazione dei casi positivi e contatti. Ci deve essere una relazione molto stretta. È la fase che ci permette di controllare l’epidemia a livello locale e quindi regionale. La comunicazione efficiente può realmente fare la differenza, se il dato diventa “vecchio”, non fornisce un grande aiuto, saper gestire il dato può rappresentare la chiave di svolta”.