NUORO. Niente domiciliari per Grazianeddu. La Corte di Cassazione nega la detenzione domiciliare e il braccialetto elettronico a Graziano Mesina, condannato in primo grado nel dicembre scorso a trent'anni di carcere dopo l'arresto per associazione a delinquere finalizzato al traffico di stupefacenti nel giugno 2013.
La Cassazione conferma così la pronuncia del Riesame che nel gennaio 2017 aveva confermato la detenzione in carcere stabilita dal Tribunale di Cagliari nella sentenza di condanna. Contro questa decisione, l'ex primula rossa del banditismo sardo aveva presentato ricorso motivando la richiesta dei domiciliari con una serie di rilievi tra cui l'età avanzata, le condizioni di salute, l'assenza di "qualunque infrazione durante l'esecuzione della misura": "del resto - sosteneva Mesina - la pronuncia di condanna non è definitiva e non è dato conoscerne ancora la motivazione".
La Cassazione ha ritenuto insufficienti le osservazioni avanzate dai legali del "più celebre bandito sardo del dopoguerra" in considerazione di elementi come tipologia e mole di droga trafficata prima dell'arresto (ingenti quantitativi di eroina e cocaina), l'esistenza "di una solida rete di contatti con pericolosi soggetti dediti al traffico di droga", i precedenti penali e i lunghi periodi di latitanza che hanno caratterizzato la carriera criminale di Mesina. Tutti questi elementi, secondo la Suprema Corte, denotano "la pericolosità sociale dell'imputato", non fronteggiabile con misure meno gravose della detenzione in carcere. Grazianeddu resterà dunque a Badu 'e Carros.