CAGLIARI. Il concorso per l'assegnazione della cattedra di Diritto privato dell'Università di Cagliari è illegittimo. Lo ha stabilito il Tar. E la sentenza dei giudici di piazza del Carmine rischia di avere pesanti ripercussioni anche su altre selezioni di professori ordinari indetti dall'Ateneo cagliaritano. Perché a cadere sotto il verdetto non è una singola procedura, ma le regole scelte per tutte le procedure: è il sistema scelto dall'Università, secondo il Tar, a essere contro la legge, non solo il bando di Giurisprudenza. La questione appare molto tecnica, ma il dispositivo è altrettanto chiaro.
L'Università nel 2019 ha bandito una selezione per la copertura della cattedra di Diritto privato, una delle più importanti della Facoltà di Giurisprudenza. La commissione è stata nominata con decreto del Rettore il 3 aprile 2019. E già sui nomi indicati sono arrivate le prime contestazioni. Quelle del professor Carlo Pilia, già in forze nell'Ateneo, candidato a ricoprire il ruolo con quattro concorrenti: Corrado Chessa, Anna Paola Ugas, Stefano D’Andrea, Giuseppe Werther Romagno.
L'Università non ha accolto le contestazioni ed è andata avanti. Come? Sbagliando, secondo il Tar. Perché la legge Gelmini impone che l'Ateneo si doti di un regolamento generale e astratto per la disciplina di tutti i concorsi. Invece nel mondo accademico cagliaritano si delega "di volta in volta, alle singole commissioni di concorso, il compito di individuare le regole della loro specifica selezione". Non solo: i criteri decisi per l'assegnazione del punteggio sarebbero stati scelti dopo la prima seduta della commissione, che si è tenuta il 9 settembre del 2019. E quindi dopo che chi doveva valutare era venuto a conoscenza dei nomi dei candidati.
La cattedra è andata a Corrado Chessa. Pilia aveva già presentato ricorso al Tar, sostenendo l'illegittimità del gruppo di valutazione. Al suo ricorso si è aggiunto quello di un altro candidato sconfitto, il professor Romagno, che ha attaccato sulla illegittimità di tutta la procedura a causa del mancato rispetto dei dettami delle leggi che governano la gestione dei criteri di selezione.
Accogliendo il suo ricorso i giudici amministrativi scrivono che "quel che rileva è che la prescrizione del regolamento universitario, diversamente da quanto imposto dalla norma di riforma del procedimento concorsuale di chiamata dei professori universitari, non contiene quei necessari elementi generali di trasparenza di governo della procedura volti a limitare i pericoli di alterazione della genuinità del risultato della selezione. In particolare tale regolamento non detta, come dovrebbe - in termini generali e astratti - i criteri di valutazione dei candidati da applicare a tutti i concorsi dell’Ateneo, suscettibili di integrazione in relazione alle specifiche procedure concorsuali da parte degli organi dei diversi dipartimenti, liberando conseguentemente da tale incombenza la commissione giudicatrice, chiamata soltanto a darne applicazione o comunque a dettare disposizione di mera specificazione o di dettaglio".
Concorso annullato e rischio di affetto a catena sull'Ateneo.
- Redazione
- News