CAGLIARI. Dopo sei mesi di emergenza Covid in Sardegna è calato il tasso di disoccupazione. Ma non è per niente una buona notizia. Perché il dato è legato a una crescita fortissima degli inattivi. Ossia di coloro che un posto non lo cercano nemmeno più. Il quadro devastante sul mercato del lavoro nell'Isola è tracciato nell'ultimo report dell'Aspal (Agenzia regionale per il lavoro).
Crollo dell’occupazione, crollo dei contratti a tempo indeterminato e crollo della fiducia sono le caratteristiche dello scenario. Sono 56mila le assunzioni tra gennaio e agosto del 2020 rispetto a quelle del 2019. Un insieme di numeri che porta con sé anche un paradosso, legato all'estate: luglio e agosto hanno fatto registrare un incremento di contratti rispetto agli stessi mesi dell'anno scorso, rispettivamente +21% e +20%.
Il report, spiega il direttore generale dell'Aspal MassimoTemussi, “è un’analisi dettagliata che aiuta a comprendere meglio il fenomeno che ancora stiamo attraversando e anche per capire in che modi e termini si può intervenire sul mercato del lavoro che è stato colpito molto duramente dalla pandemia”.
Aumentano gli inattivi, cioè le persone che non cercano lavoro (secondo l’Istat la Sardegna è la seconda regione italiana in cui questo tasso è aumentato di più rispetto al secondo trimestre del 2019). Sono in tutto 441mila, (+50 mila unità in termini congiunturali, +60 mila unità in termini tendenziali). Un ritorno su livelli simili a quelli di piena crisi del debito sovrano negli anni 2013 e 2014. Un dato questo che spiega anche perché c’è una riduzione dei disoccupati: diminuiscono non perché abbiano trovato una nuova occupazione ma perché nemmeno ne cercano una.
Dal report emerge che le donne e giovani sono coloro i quali pagano un prezzo più alto mentre i settori più colpiti sono quelli che hanno contatti diretti con le persone: ristoranti e alberghi soprattutto, ma anche il settore dell’istruzione. Reggono invece il settore agricolo e quello dei servizi domestici. Cresce quello dei servizi finanziari. E non c'è da stupirsi: la crisi ha portato le famiglie a chiedere soldi per avere liquidità. E a indebitarsi ancora di più.