CAGLIARI. Il 30% dei cagliaritani compra prodotti contraffatti, prevalentemente
È quanto emerge dall’indagine, realizzata da Confcommercio con Format Research e presentata dal presidente della sezione Sud Sardegna Alberto Bertolotti e dal direttore Giuseppe Scura, in occasione dell’appuntamento annuale “Legalità, mi piace!” incentrato su contraffazione e abusivismo. Lo studio ha visto la partecipazione di 3400 consumatori e 1500 imprese. Tra i temi trattati i prodotti contraffatti più acquistati, l’utilizzo del web e le ragioni dell’acquisto illegale. C’è poi anche l’indagine che ha riguardato le imprese: la percezione sui fenomeni criminali, le imprese danneggiate dall’illegalità e gli effetti della contraffazione e abusivismo. Un’altra indagine inserisce la Sardegna in linea più in generale nel “Sud e Isole”.
Chi compra prodotti contraffatti, secondo i dati, ha ben chiaro che potrebbe incorrere in sanzioni amministrative: lo sa almeno l’82% dei cagliaritani, e il dato è superiore alla media del Sud e dell’Italia.
La percezione delle imprese, tra furti in aumento (con il 22%) e contraffazione (con il 20), è comunque migliore rispetto alla media nazionale. Quelle che si ritengono danneggiate dalle azioni di illegalità sono molto meno rispetto al resto d’Italia. Gli effetti della contraffazione e dell’abusivismo che pesano di più sulle imprese cagliaritane, però, sono la concorrenza sleale (65.6% dato superiore rispetto all’Italia) e la riduzione del fatturato (37.4%, dato in linea rispetto all’Italia).
Sul web, soprattutto nel Sud, c’è tutto un altro mondo: i più acquistati sono i biglietti "piratati" per gli eventi, poi orologi, gioielli e occhiali. Il motivo degli acquisti illegali? Ancora una volta il risparmio.
“Il messaggio che devono percepire tutti coloro che abitualmente acquistano prodotti contraffatti, o anche solo sporadicamente, è che il risparmio, come si crede nell’immaginario comune, non c’è”, ha detto Alberto Bertolotti, presidente di Confcommercio Sud Sardegna, “viene a mancare la qualità del prodotto, pertanto è compromessa anche la durata, e d’altra parte si danneggia tutto il tessuto economico della città che già si trova in una profonda sofferenza che cresce con il fiorire di nuovi centri commerciali”.