CAGLIARI. Il telefono squilla. Risponde un’anziana signora. Dall’altro capo del telefono un’autorità, (avvocato, maresciallo, persino questore). Lui spiega che se non si pagano almeno mille euro per la cauzione, il figlio della donna rischia di rimanere in prigione per il resto dei suoi giorni. Ha causato un incidente, forse ha ucciso qualcuno. Dopo pochi minuti un uomo bussa alla porta della signora. Si occupa lui di ritirare i soldi per la cauzione. Prende il denaro (anche qualche gioiello se necessario) e promette il pronto rilascio del figlio. Questo è solo uno dei tanti metodi con il quale decine di anziani sono stati truffati in tutta la Sardegna. Centinaia in tutta Italia.
Arginare il problema delle truffe sugli anziani è complicato. Chi mette a segno i colpi studia le vittime e fa leva sulle sue debolezze, che siano figli, mariti o altre persone vicine. Anche la sola paura di non aver pagato qualche bolletta basta talvolta per spillare soldi. Al balordo serve solo un minimo di creatività: una storia credibile e saper improvvisare, così riuscirà a portare il bottino a casa. Ma fermare i truffatori non è impossibile. Se n’è parlato stamattina al convegno “Più sicuri assieme”, organizzato da Confartigianato, in collaborazione con le forze di polizia, carabinieri e guardia di finanza.
“Se alla porta bussa uno sconosciuto è meglio non aprire e chiamare le forze dell’ordine”, ha spiegato il tenente colonello Ivan Giorno, del comando provinciale dei carabinieri, “stesso discorso per le telefonate: quando si viene contattati da un sedicente avvocato, magistrato o poliziotto, basta una chiamata alle autorità (quelle vere). Se poi sta arrivando il compare del truffatore per prelevare i soldi, la segnalazione deve essere tempestiva”. Quanti anziani cadono vittima di queste truffe? La risposta la dà il tenente colonnello: “Ai carabinieri arrivano circa trenta segnalazioni all’anno”.
Un numero indicativo e riduttivo come ha spiegato più tardi il prefetto di Cagliari Bruno Corda: i dati non tengono conto degli anziani che decidono di non sporgere denuncia. Quelli che pensano che ammettere di essere stati truffati potrebbe significare ammettere allo stesso modo di non essere più indipendenti. A lottare per cercare di sensibilizzare i truffati a sporgere denuncia c’è l’Associazione nazionale anziani e pensionati.
“Da anni portiamo avanti la battaglia di sensibilizzazione”, ha spiegato Fabio Menicacci, segretario nazionale Anap confartigianato, “ma è un problema radicato, non solo nei più vecchi. Il rifiuto di denunciare chi ci ha truffato, spesso, coinvolge anche i più giovani. E questo capita in tutta Italia”.