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"Assessore, perché mi negate la terapia? Non sono un peso": la lettera di Filippo, bimbo autistico

Filippo-Concas

CAGLIARI. Terapie tagliate, da ottobre. Prima faceva cinque ore. Poi solo due.  E fino al 25 luglio niente. Filippo è un bambino cagliaritano di sei anni e mezzo. È autistico. E da anni i genitori combattono affinché il sistema sanitario lo segua per aiutarlo a superare le barriere tra lui e il mondo, innalzate dalla malattia.

A giugno 2020 il padre, Emanuele Concas, giornalista, aveva dovuto scrivere una lettera pubblica perché le terapie erano state negate per lunghi mesi. Tutto a posto? Neanche per idea. Perché c'è chi si impegna, e chi no. E il giovanissimo Filippo fa i conti con un sistema che fa acqua da tutte le parti. Il padre allora è stato costretto a rimettersi al computer, dopo aver preso a testate (metaforicamente) tutte le porte possibili. E scrive a nome del bambino. La domanda è semplice semplice: "Secondo voi ho diritto alla terapia?". 

Ecco il testo della lettera.

Ciao a tutti, sono io Filippo, ho sei anni e mezzo e sono un #bambino #autistico che frequenta la prima elementare. E sono fortunato ad avere le maestre, l'insegnante di sostegno ed una educatrice bravissime, che mi vogliono bene, come un bambino 'normale', che mi stano insegnando tanto. Tanto tanto!
Molti di voi mi conoscono perche babbo e mamma e miei fratelli sono innamorati di me e spesso mi vedete sui social, vero? 😉

Vi chiedo alcuni minuti del vostro tempo perché vorrei conoscere il vostro parere: secondo voi io ho #diritto alla #terapia? Ve lo chiedo perché da ottobre dell’anno scorso la Asl di Cagliari mi ha “tagliato” le ore da cinque a due. Prima facevo tre ore di #terapiacognitivocomportamentale e due di #logopedia, da ottobre ad oggi una di logo e una di comportamentale. Ad intermittenza. Perché?
Non ho forse #diritto ad essere curato come tutti i cittadini italiani? Come voi “normali”?

Un’altra mia curiosità: quando un paziente si frattura una gamba, o ha un infarto, viene curato, giusto? Quando un paziente ha il Covid voi “grandi” lo curate vero? Noi invece siamo quelli invisibili, quelli che “tanto c’è la famiglia”, vero?
Abbandonati.
Abbandonati insieme alle nostre famiglie.

Volevo fare una domanda tecnica all’Assessore Mario Nieddu ed alla RAS - Regione Autonoma della Sardegna che tanto sta ricevendo lodi per la gestione della #sanitàpubblica: ma se una caposala è malata, o va in ferie, se una ferrista ha un problema in casa con un bambino come me, o con un qualsiasi problema familiare, i reparti e le sale operatorie degli ospedali si fermano e chiudono?
Vorrei sapere, per esempio, se l’elisoccorso di ferma se un pilota ha il raffreddore e deve stare a casa.
Non credo vero?

E allora non capisco perché io invece debba stare senza terapia fino al 25 luglio. Si, ha capito bene Assessore Nieddu, fino al 25 luglio io non riceverò terapie dalla Assl. Perché? Non lo so! Presumo che non ci sia personale disponibile (evidentemente 😉). Questo è stato comunicato ai miei genitori e questo le riferisco. Non ho altre comunicazioni in merito. 🤷
Mi domando: sono nato per essere un peso per la società? Ditelo, facciamo prima!

Non ce l’ho personalmente con lei (lo sa bene assessore!), e tantomeno con il personale della Asl di Cagliari, che tanto fa per me. Ve lo chiedo perché tutti voi “grandi” potete star male, avete il diritto alle ferie, ma io non ho diritto alla terapia.
Sto crescendo e ne ho bisogno.
Lo URLO! NE HO BISOGNO!

Sto imparando tanto, sto iniziando a parlare, il mio cervello sta imparando a ragionare come voi ‘normali’, ma voi me lo volete impedire perché vi arrogate il diritto di togliermi la gioia di comunicare!

Io senza la terapia non imparerò mai a parlare.

Ve lo spiego in parole povere: io non comunico come voi con la parola, comunico con i gesti, usando il vostro corpo, con una lingua tutta mia, che riesco ad insegnarvi in poco tempo.
Ma voi DOVETE insegnarmi la vostra!
Io DEVO imparare anche a parlare come parlate voi!
DEVO imparare a comportarmi secondo il vostro modo, quello di voi che vi definite “normali”, perché un giorno, quando i miei genitori non ci saranno più, peserò meno sui miei fratelli che dovranno convivere con me e con il mio autismo.
Invece se imparerò ADESSO a comportarmi e a parlare come voi “normali” peserò di meno sulle loro vite. Non ci avevate pensato? Ecco ve lo dico a chiare lettere!

E mi chiedo ancora cosa significa per voi essere “normali”? Significa non avere un minimo di sensibilità verso noi bambini autistici? Vi chiedo: avete un minimo di sensibilità verso i “bambini speciali” come me? Vi chiedo: ma che scuole avete fatto, che coscienza avete?
Possibile che in questo mondo di egoisti non ci sia spazio per una normale sensibilità umana?
Non ho bisogno di compassione, VOGLIO solo ciò che mi spetta!
E ora LO PRETENDO.