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Nuoro, un collettivo sbeffeggia i manifesti anti-aborto

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NUORO. I manifesti anti-aborto della campagna di Pro Vita & Famiglia continuano a diffondersi in Sardegna e intanto a Nuoro il movimento Stajk Kobiet Sardynia (letteralmente “sciopero delle donne”) si oppone alla campagna e invita tutti coloro che la trovano inaccettabile a partecipare alla rielaborazione dei manifesti. “Se non si può fermare, che le amministrazioni comunali prendano le distanze e i cittadini e le cittadine manifestino il proprio dissenso riscrivendo il messaggio dei manifesti”, chiede il movimento nato in Polonia, dopo la presentazione in Parlamento da parte della fondazione ultracattolica Ordo Iuris di un disegno di legge anti-aborto che contemplava l’interruzione di gravidanza solo in caso di rischio di vita per la donna. 

Grazie all’impegno di Carla Porcheddu, padre sardo e madre polacca, adesso esiste anche Stajk Kobiet Sardynia, che sostiene la lotta delle donne polacche, e che difende anche nel nostro Paese da attacchi inaccettabili, un diritto fondamentale per tutte le donne.

“Quante parole servono per giudicare una donna? Sedici: tante quante ne sono state usate dall'associazione Pro Vita & Famiglia nei manifesti che da qualche giorno hanno fatto la loro comparsa anche in Sardegna, Alghero, Dorgali e adesso anche Nuoro”, continua il movimento.

“Strajk Kobiet Sardynia dalla sua pagina Facebook invita tutti coloro che trovano inaccettabile che si metta in discussione il diritto delle donne all'aborto a partecipare alla rielaborazione dei manifesti. Esprimere le proprie idee è un diritto, giudicare gli altri no. ‘Il corpo di mio figlio non è il mio corpo, sopprimerlo non è una mia scelta’ non è l'espressione di chi non condivide l'aborto, ma la formulazione di un'accusa precisa diretta alle donne che abortiscono. Una frase che nonostante la sua brevità, riesce a connotare in maniera fuorviante e violenta l'aborto.

Non c'è niente di più distante nella pratica medica dell'interruzione di gravidanza, dalla definizione di ‘sopprimere un figlio’. In quelle sedici parole è contenuto un concetto mortificante della donna che la relega a mero contenitore, slegandola completamente da tutte le implicazioni che concernono la maternità. Auspichiamo le amministrazioni locali prendano le distanze da una campagna contro l'aborto così poco rispettosa delle donne”. 

 

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