CAGLIARI. "I tavoli non li avviciniamo. Non ancora". Inizia così lo sfogo del titolare della Pizzeria Cerere, una piccola attività in via Ospedale, nel quartiere di Stampace a Cagliari. Spazi ridotto, clientela ridotta a un terzo di quello che sarebbe necessario per andare avanti. Ma nonostante questo nessun cedimento alla tentazione di andare oltre le regole del distanziamento per aumentare il fatturato. Una scelta di buonsenso, oltre che rispettosa dei rigidi (così dovrebbero essere) protocolli imposti per la riapertura delle attività dopo l'epidemia di coronavirus. Solo che ieri sera, una volta chiusa la serranda, il titolare ha fatto una passeggiata sul Corso Vittorio Emanuele. E quello che ha visto lo ha portato a fare una riflessione amara. Eccola.
Ieri sera, dopo l’ennesima serata in cui gli incassi sono stati circa un terzo di quanto servirebbe per tenere aperto, sono andato a fare una passeggiata sul Corso Vittorio Emanuele.
I locali erano tutti strapieni, nessun distanziamento, nessuna mascherina, tavoli piccoli e molto ravvicinati.
E ovviamente nessun vigile.
Mi sono molto arrabbiato, pensando a tutte le difficoltà che ho affrontato in questi mesi, e a tutti voi a cui, a malincuore, sto continuando a dire “mi dispiace, con le nuove regole abbiamo solo due tavoli”.
Per un momento ho pensato di rimettere tutto com’era prima e di ricominciare a lavorare come prima del lockdown.
Ma stamattina mi sono svegliato con le idee più chiare.
Non lo faremo. Noi continueremo a rispettare le regole di distanziamento. Questo ci mette in una posizione difficile, perché i locali intorno ci fanno concorrenza sleale, accogliendo più clienti di quanto si potrebbe.
Allo stesso modo in cui ci danneggia chi tiene i dipendenti in nero, o con contratti tarocchi, per meno ore o per qualifiche inferiori al reale.
Allo stesso modo in cui ci danneggia chi non emette gli scontrini, e poi pretende servizi e, in questo caso, aiuti pubblici.
Come tutti quelli che fino all’anno scorso hanno dichiarato meno di ventimila euro, ma adesso si lamentano di stare perdendo ottomila euro alla settimana, guidano auto da decine di migliaia di euro e fanno vacanze costose.
L’Italia è, purtroppo, ancora il Paese dei furbetti, siamo noi quelli fuori posto.
Ma noi, da Cerere, non ci stiamo.
I nostri contratti continueranno a essere regolari, continueremo a pagare le tasse, e, soprattutto, continueremo a preoccuparci di non essere un rischio per la vostra salute, che è la cosa più importante.
No, non li avviciniamo i tavoli. Dovevamo diventare tutti migliori, dovevamo aiutarci l’un l’altro a superare questo momento tutti insieme. E, al di là del danno economico, provo disprezzo di chi corre coscientemente il rischio di esporre i propri clienti a una malattia grave per pagarsi la prossima vacanza.
Se non ce la faremo, vorrà dire che non sono abbastanza bravo.
Ma, se per farcela devo calpestare la vostra salute o i diritti dei lavoratori, o evadere il fisco; allora va bene così.
Faccio, tutto sommato, una pizza discreta, e troverò un altro lavoro.
Chiedo scusa a tutti per questo post, così diverso da tutti gli altri, ma noi i tavoli non li avviciniamo ancora.
Grazie a tutti per la fiducia che ci date ogni giorno. Vi prometto che continueremo, finché potremo, a meritarcela. E, se non potremo più guardarvi negli occhi senza paura, e dirvi “benvenuti! Da noi potete sentirvi sicuri”, semplicemente, chiuderemo.
Abbiamo ricevuto tantissimo supporto da clienti, fornitori e professionisti.
Non tradiremo la vostra fiducia. Non ve lo meritate.
- Redazione