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TEHERAN. "Dormo per terra in cella e mi hanno tolto anche gli occhiali". È il racconto di Cecilia Sala, alla quale hanno concesso di chiamare madre, padre e compagno. Nella cella lunga quanto lei sdraiata la giornalista, si legge sul Corriere della Sera, non ha un materasso e dorme per terra, su una coperta e ne ha un’altra per proteggersi dal freddo. Non vede nessuno dal 27 dicembre, dal giorno in cui ha incontrato l’ambasciatrice Paola Amedei. Non ha ricevuto nessun pacco: nessun panettone, nessun cioccolato, né sigarette, né maglioni, né i quattro libri, né la mascherina per proteggersi dalla luce al neon accesa 24 ore su 24, né beni di prima necessità.
Anzi: a Cecilia Sala sono stati confiscati gli occhiali da vista. A lei è riservato lo stesso trattamento delle prigioniere politiche che affollano le celle del carcere simbolo della repressione della Repubblica islamica che ha dato un'altra versione: avevano raccontato che è stata scelta una cella singola per farla sentire al sicuro, per farla stare meglio. Avevano aggiunto che finalmente erano riusciti a consegnarle il pacco dell’ambasciata con alcuni dolci, libri e beni di prima necessità.
"Fate presto", ha detto la giornalista nella prima chiamata dopo l’arresto. Lo ha ripetuto anche ieri: "Fate presto".
Sala è accusata di aver violato "le leggi della Repubblica islamica dell'Iran". Entrata in Iran con visto giornalistico il 14 dicembre, la giornalista si trova in isolamento nel carcere di Evin da oltre 10 giorni. Dopo il pensiero rivolto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante il suo discorso di fine anno, ieri le richieste dell'Italia all'Iran: ''Liberazione immediata'' e "garanzie totali sulle sue condizioni di detenzione".
Intanto l’Italia convoca l’ambasciatore iraniano per chiederne la liberazione. Previsto per oggi anche un vertice a Palazzo Chigi con la premier Meloni. Tajani: “Pretendiamo che i diritti di Sala siano rispettati”, ieri la giornalista aveva riferito di essere sottoposta a condizioni di detenzione durissime nel carcere di Evin, a Teheran.