CAGLIARI. "Un vero e proprio bollettino di guerra. Una escalation di violenze senza fine che vede gli infermieri italiani trasformarsi ancora una volta nelle vittime sacrificali della inspiegabile rabbia di una parte della collettività in profonda crisi". Così vengono definiti gli episodi di violenza che tra Natale e Capodanno hanno interessato gli ospedali italiani, dal sud al nord. A denunciarlo il sindacato Nursing Up. Nell'occhio del ciclone i pronti soccorso che hanno visto un "afflusso di pazienti diventato nella maggior parte dei casi ingestibile", come spiegano dal sindacato, e che "si sono trasformati in una vera e propria polveriera".
"Calci, pugni, schiaffi, minacce: scenari che facciamo sempre fatica a descrivere, tale è lo sdegno, quanto l’assurdità di quello che accade ogni giorno e che si è drammaticamente ripetuto, negli ultimi giorni, nelle corsie dei nostri ospedali", spiega Antonio De Palma, presidente nazionale Nursing Up. Un infermiere è stato preso a calci al Cto di Napoli (62esima aggressione ufficiale dall’inizio dell’anno in città, 28 dicembre. Un infermiere aggredito e minacciato al pronto soccorso del pediatrico di Bari (28 dicembre). L’uomo è addirittura svenuto in seguito allo stress dell’aggressione. Un altro infermiere e una dottoressa presi a schiaffi dai parenti di un paziente appena deceduto che danno in escandescenza. Accade al pronto soccorso del San Paolo di Napoli (26 dicembre). Un infermiere e altri operatori sanitari aggrediti nel pronto soccorso dell’ospedale di Livorno (27 dicembre). A Cassino un infermiere aggredito da paziente con disturbi mentali. L’uomo gli lancia addirittura contro un monitor (26 dicembre. Infine Vicenza: infermiere del 118 preso a pugni (24 dicembre).
"Pensate davvero sia finita qui? Se tutto questo è quanto si sa ufficialmente del periodo che va da Natale a Capodanno, chissà quanti sono gli episodi di violenza che finiscono nel “mare magnum” del sommerso, che non vengono denunciati per paura oppure, anche peggio, a causa di quella che potrebbe diventare una pericolosa assuefazione a fatti gravi come questi: la consuetudine. Tutto questo non possiamo accettarlo", conclude De Palma.